Cannavaro al Guardian: «Pensavo: tutti sanno allenare e io no? Poi è arrivato l’Azerbaijan»
"Faccio fatica ad aspettare, non riesco a stare fermo. Avrei voluto un percorso normale, ma un giorno riuscirò a sfondare anche in Italia"

Mg Como 22/10/2022 - campionato di calcio serie B / Como-Benevento / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Fabio Cannavaro
“Sono pur sempre un allenatore italiano e spero un giorno di tornare e dimostrare le mie qualità in Italia”. Intanto Fabio Cannavaro sarà al Mondiale sulla panchina dell’Azerbaijan. Timur Kapadze, il ct che ce l’ha portato perdendo solo una delle 15 partite di qualificazione, si è dimesso e hanno preso lui: “Ho avuto una carriera da allenatore molto diversa dalle altre”, dice in un’intervista al Guardian.
Le parole di Cannavaro
Ma ogni volta che Cannavaro parla della sua carriera da allenatore, dopo il successo totale da giocatore, si legge tra le righe la sofferenza per gli insuccessi finora accumulati. “Un giorno Lippi mi chiamò e mi disse: “Vuoi venire ad allenare la mia squadra in Cina? Vorrei fare il direttore sportivo”. Ero a Dubai come vice allenatore e lui mi convinse e andai. Ma gli dissi: “Ti conosco, tu conosci me. Tu fai il direttore sportivo, io faccio l’allenatore”. Dopo tre mesi, però, ebbe una discussione con il club e se ne andò. Pensarono che fossi solo il suo assistente e licenziarono anche me. Eravamo in testa alla classifica e avevamo raggiunto gli ottavi di finale della Champions League asiatica. Poi quella squadra vinse il campionato e la Champions League asiatica. Immaginate la mia frustrazione”.
“Dopodiché sono andato in seconda divisione cinese, abbiamo vinto il campionato, e poi sono tornato a Guangzhou. Dopo tre anni è arrivato il Covid e tutto è cambiato. Sono tornato in Italia pensando di trovare qualcosa in fretta, ma la mia esperienza asiatica non è stata apprezzata. Forse pensano che non sia un’esperienza “reale”. Un amico direttore sportivo mi ha convinto a prendere il Benevento in Serie B. Non conoscevo il campionato, ma mi fidavo. Ma la squadra aveva troppi problemi. Ricordo una partita contro la Ternana: nel primo tempo abbiamo giocato strepitosamente ma nella ripresa non ce l’abbiamo fatta più. Più tardi ho scoperto di avere quattro giocatori con il Covid e nessuno me l’aveva detto. Infortuni strani, situazioni non facili. Il presidente mi ha esonerato”.
“Poi è arrivata l’Udinese e ho pensato che fosse il momento giusto: una squadra fantastica, una gestione fantastica. Li abbiamo salvati e invece una cosa positiva si è trasformata in una negativa. Stessa storia alla Dinamo Zagabria: il direttore sportivo che mi aveva portato è stato licenziato e io gli ho detto: “Dopo la mia prima sconfitta licenzierete anche me”. Mi hanno detto di no, ma ovviamente dopo una sconfitta mi hanno esonerato”.
“Mi sono ritrovato in questo circolo vizioso e mi sono sentito strano, scoraggiato. Ho pensato: “Com’è possibile? Tutti gli altri sanno allenare e io non riesco a trovare niente?”. Volevo rimanere in Italia, ma poi è arrivata questa opportunità per il Mondiale. Non ha prezzo”.
“Avevo ricevuto altre offerte per la nazionale asiatica, ma non le avevo mai prese in considerazione. Questa l’ho presa perché è una nazionale giovane, con molti giovani talenti. La federazione sta puntando molto sulle giovanili in tutto l’Uzbekistan e stanno producendo buoni giocatori. Le nazionali Under 17, Under 19 e Under 23 vincono quasi sempre in Asia. Questo è stato importante per me”.
“La nostra sarà una squadra piuttosto giovane. Devono migliorare perché fisicamente non sono paragonabili agli europei, ma gli uzbeki sono duri: gente che lotta, che non si arrende mai. Giocare contro di loro è una rottura di scatole. Abbiamo giocato contro l’Uruguay: avevamo nove giocatori infortunati, non erano al meglio, ma i miei giocatori sono duri. Non è facile giocare contro di loro e abbiamo perso solo 2-1″.
Cannavaro ha una carriera in perenne esilio: Dubai, la Cina, ora l’Uzbekistan. “Perché? Erano opportunità, e faccio fatica ad aspettare. Non riesco a stare fermo. Avrei voluto un percorso “normale”, ma non ne ho avuto uno. Penso sempre: “Se non colgo questa occasione, forse finirò a casa”. Per me l’Udinese è stata fondamentale: un posto fantastico, un club eccezionale. Sono bivi: o li prendi o vai altrove. Per ora sono altrove, a fare esperienza, ma sono pur sempre un allenatore italiano e spero un giorno di tornare e dimostrare le mie qualità in Italia”.











