L’assistente di Guardiola: «Un ciclo dovrebbe durare cinque o sei anni. Da amico, gli direi di cercare un nuovo progetto»

Il performance analyst del tecnico spagnolo a Sport: «È un fanatico del calcio. Trascorre la sua vita sul campo. Al Manchester City ci sentiamo in famiglia, ma dopo un po' bisogna rigenerarsi»

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Orlando 01/07/2025 - FIFA Club World Cup 2025 / Manchester City-Al Hilal / foto Imago/Image Sport nella foto: Josep Guardiola ONLY ITALY

Nel corso dell’ultimo ventennio, Pep Guardiola si è guadagnato un posto tra leggende del calcio inanellando trofei su trofei alla guida di Barcellona, Bayern Monaco e Manchester City. Tra innovazioni tattiche e un gioco scintillante, le sue squadre hanno sempre avuto un’identità ben precisa attestandosi come le più spettacolari del pianeta. Risultato di un lavoro senza sosta, praticamente maniacale. Ed è forse anche per questo motivo che Carles Planchart – uno degli uomini che conosce meglio l’allenatore catalano – gli ha rivolto un consiglio sincero ma deciso: quello di prendersi una pausa.

L’analisi di Planchart su Guardiola

Planchart rappresenta una parte fondamentale del percorso di Guardiola da quasi due decenni, accompagnandolo dai suoi esordi al Barcellona fino al Manchester City in qualità di assistente. La sua analisi non nasce da speculazioni, ma da una profonda conoscenza della persona e dell’allenatore.

«Al City siamo da così tanti anni perché siamo trattati come in famiglia. Ci lasciano lavorare come se fossimo a casa nostra. Non si sentiva così né al Barcellona né al Bayern. Ma penso che un ciclo debba durare cinque o sei anni, non di più. Non solo per lui, ma per tutti. Dopo, bisogna rigenerarsi. Da amico, gli direi di cercare un nuovo progetto perché ha ancora molta strada da fare», ha dichiarato il Performance Analyst ai microfoni di Sport.

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Guardiola, in effetti, ha accennato in più di un’occasione alla possibilità di prendersi una pausa dopo la sua esperienza in Premier. Planchart la definisce una necessità, anche e soprattutto pensando a qualche uscita infelice del tecnico come il «voglio farmi del male» dopo il 3-3 in Champions contro il Feyenoord lo scorso anno. «A volte ti manca l’energia, e quando entri in una brutta situazione, è dura. Nel calcio, devi sempre essere al 100%. Avevamo avuto infortuni; alcuni giocatori erano a fine carriera. C’è stato un calo di rendimento, anche tra lo staff».

Chiaramente, Planchart è ben consapevole di stare parlando di un genio assoluto della panchina: «È un fanatico del calcio. Trascorre la sua vita sul campo. È un genio, un creatore. La sua più grande forza è come inventa il calcio. La cosa difficile in questa vita è creare; il resto di noi è imitatore. Lui è il numero uno in questo».

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