Ferdinand: «Non dissi ai miei compagni che mia moglie stava morendo di cancro, era un ambiente troppo machista»
L'ex United ora ha un podcast seguitissimo in cui i grandi ex si raccontano in maniera intima: "Prima sarebbe stato impossibile, ci avrebbero massacrato"

Db Manchester (Inghilterra) 18/09/2024 - Champions League / Manchester City-Inter / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Rio Ferdinand
Una volta i giocatori se ne stavano zitti, per lo più. C’era una sorta di mascolinità alfa apparente da difendere. Nello spogliatoio, e figurarsi con la stampa. Quel mondo è così cambiato che oggi ci troviamo in questa situazione: Rio Ferdinand che spiega al Times il successo del suo podcast, nel quale riesce a far parlare i calciatori, i campioni del passato, ad un livello di intimità mai raggiunto. E nello spiegarsi a sua volta analizza questo triplo carpiato comunicativo: “Ai miei tempi non dissi nulla ai miei compagni di squadra di mia moglie che aveva il cancro, Wayne Rooney a cena mi ha chiesto come è possibile. E io gli ho detto: Wayne, non voglio influenzare la tua prestazione o mettere una Debbie Downer in squadra e farla diventare la mia unica preoccupazione. C’è questo lato machista degli uomini in quell’ambiente alfa, per cui dici: non voglio essere quel tipo di ragazzo. Sono cose che ho imparato da allora: che bisogna parlare e comunicare con i compagni di squadra, di lavoro, con la famiglia o con gli amici. Ma all’epoca non avevo queste capacità”. La prima moglie di Ferdinand è morta di cancro nel 2015.
Il Times scrive che oggettivamente “questa è un’epoca d’oro per i podcast sul calcio, con diversi ex giocatori che producono contenuti di grande valore, ma c’è un ulteriore livello di coinvolgimento nel programma di interviste di Ferdinand, Rio Meets. Le sue conversazioni con giocatori e allenatori sono spesso straordinarie, aprendo nuove finestre nella mente di stelle che pensavamo di conoscere”.
Le sue “interviste” dominano l’agenda per i giorni a seguire. E’ successo con Michael Owen, con Steven Gerrard, con lo stesso Rooney. E’ un discorso parecchio ampio, più che sportivo è massmediologico: “Ferdinand – scrive il Times – vuole che Rio Meets sia uno spazio sicuro in cui gli ospiti possano “controllare la narrazione che li circonda”. Per concentrarsi sui suoi podcast ha abbandonato la carriera di opinionista mainstream presso TNT Sports”.
“Ci sono così tanti media ora, più che mai, e così tante persone che parlano, e probabilmente il 99% delle persone nei media non ha una reale comprensione della situazione in cui si trovano i giocatori. Il che va bene, ma so cosa significa essere un atleta e sentirsi frustrati quando le storie dette e scritte su di te non sono vere. Beh, qui puoi dirle. Ci sono voluti anni di lavoro per arrivare al punto in cui è arrivato il podcast oggi”.
“Le interviste? Volevo farlo da sempre. Crescendo, volevo sapere cosa mangiava Gazza, volevo sapere cosa faceva John Barnes. Come è diventato un giocatore? Quella situazione che gli è capitata, come si è sentito? Stare lì seduto a fare le interviste mi riporta a essere quel bambino, perché sono nervoso. Sono seduto con Wazza (Rooney), con cui ho condiviso lo spogliatoio per 15 anni, e sono nervoso. Voglio che le interviste siano fatte bene”.
“È divertente perché Cristiano Ronaldo ora mi chiama giornalista”, dice Ferdinand ridendo. “Mi ha scritto: ‘Ora non posso dire troppo nel gruppo WhatsApp di United, c’è Rio. Rio il giornalista!'”
“Quello che dico a tutti i calciatori, passati e presenti, è che ora abbiamo la migliore opportunità di dare forma alle narrazioni. Questa è l’epoca migliore. La mia generazione non ha mai avuto una storia simile. Non avremmo mai potuto andare dai media e dire: ‘Mi sento davvero giù, potrei aver bisogno di un paio di mesi di pausa a causa della depressione. Ho certe cose che mi succedono a casa. Ho problemi con l’alcol’. Ci sarebbero stati titoli enormi e la gente si sarebbe semplicemente chiesta ‘What?’. Saremmo stati massacrati. Ma mi sarebbe piaciuto vedere cosa avrebbe aggiunto ai nostri team. Se fossimo stati in grado di essere un po’ più aperti e parlare di questo tipo di cose, credo sinceramente che ci sarebbe stato d’aiuto”.