De Bruyne la lince: è la bestia che in cattività muore, proprio come i campioni che si vogliono ingabbiare

Come i fuoriclasse del calcio, è l’animale costantemente in estinzione che sfugge perfino ai proclami di chi vorrebbe proteggerla.

De Bruyne

Napoli's Belgian midfielder #11 Kevin De Bruyne fights for the ball with Sassuolo's Bosnian defender #80 Tarik Muharemovic during the Italian Serie A football match between Sassuolo and Napoli at the Mapei - Città del Tricolore stadium in Reggio Emilia, on August 23, 2025. (Photo by Stefano RELLANDINI / AFP)

De Bruyne la lince: è la bestia che in cattività muore, proprio come i campioni che si vogliono ingabbiare

La lince fiamminga

La progressione di Kevin De Bruyne al minuto 36 di Napoli-Sporting Lisbona, con l’assist vincente a Hojlund, è stata come lo strappo felino di una lince rossa, nella paludata serata dell’esordio casalingo in Champions. La lince, il più grande felino europeo, ha lo stesso pudore di Kevin; il fatto che sia sempre a rischio di estinzione ne esalta la natura divina.

Kevin in quella ripartenza a tre passaggi in gol, è spuntato dalla metà campo del Napoli dal nulla: proprio come un bobcat nordamericano.
Come la lince dalla vista implacabile, Kevin non si è fatto vedere mentre immaginava il cambio di direzione decisivo che ha spaccato in due la linea di difesa dei lusitani.

Più che raffigurare una qualche felide amata, la lince KDB è l’animale che non si inscatola nei bestiari o nelle cronache esoteriche, non si riassume in una attitudine o in un aggettivo. È dovunque, a prendersi palla dai centrali e ad affiancare la punta.

L’altra sera abbiamo capito come KdB non si lascia aggiogare in una didascalia del 4-1-4-1 o del 4-3-3, non sosta sul cauto divano di un salotto televisivo: ha l’abilità di trasformarsi, di fondere in se’ i caratteri del leone e del lupo, della pantera e del puma.

Kevin, la lince del suo conterraneo Rubens, è la bestia imprendibile e imparagonabile per antonomasia; c’è, non si fa vedere e tutto osserva; lascia lievi tracce sulla neve del Maradona, predilige la solitudine. D’altronde la lince, come Kevin, e’ invisibile, spesso è scambiata per qualcos’altro: restia a mostrarsi, pare nascondersi tra le linee difensive per poi riapparire nell’area di rigore avversaria. Più simile a una fenice, il Fiammingo sembra uscire dal manto verde come da un quadro di un altro fiammingo, Bruegel il Vecchio: algido, alchemico, feroce.

Vedere la lince o vedere quel De Bruyne rosso di sera, non è come incrociare una volpe, intuire la figura di un lupo, l’anatomia di un cervo. La lince impone una chiamata, il contatto con il sacro, un credito che va onorato.

Come i fuoriclasse del calcio, è l’animale costantemente in estinzione che sfugge perfino ai proclami di chi vorrebbe proteggerla.

È la bestia che in cattività muore, proprio come i campioni che si vogliono ingabbiare. Emblema del meraviglioso che non accetta alcuna norma imposta alla bellezza.

Come l’effetto dato alla palla nei due assist per Hojlund, il primo a fendere il prato, il secondo l’aria. Questo è quello che si è intravisto mercoledì sera, in uno sprazzo, in uno strappo. E si vedrà sempre più

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