Lorenzo Finn oro mondiale di ciclismo Under 23: «Mi alleno nell’entroterra ligure a bordo strada, rischio la vita ogni giorno»

Alla Gazzetta: «In Italia c’è un grande problema di sicurezza. Il Belgio era favorito per vincere, ma in gare dure ci si può spegnere in un attimo».

Gold medallist Italian rider Lorenzo Mark Finn bites on his medal on the podium following the men's U23 road race cycling event during the UCI 2025 Road World Championships, in Kigali, on September 26, 2025. (Photo by Anne-Christine POUJOULAT / AFP)

Il campione del mondo di ciclismo under 23 è italiano, si chiama Lorenzo Finn. La sua intervista alla Gazzetta dello Sport.

Finn: «Mi alleno nell’entroterra ligure a bordo strada, rischio la vita ogni giorno»

Lorenzo, lei era il più giovane in gara [18 anni, ndr.]: si rende conto di che cosa ha combinato?

«Ci voleva la giornata perfetta. E l’ho avuta. Sull’ultimo pavé le gambe stavano iniziando a cedere. Ma sentivo che il distacco aumentava. Non mi potevo fermare, non l’avrei fatto per nessuna ragione al mondo».

Ci credeva? Se lo sentiva?

«Di più rispetto allo scorso anno, sì. Sapevo di poter vincere. Nella crono, sono rimasto a 5 secondi dall’argento e nel finale non mi ero piaciuto, ma era stata la conferma della mia ottima condizione perché dovevo ancora smaltire il clima e l’altitudine. Poi però ci sono tanti rivali forti, e di certezze non se ne possono avere fino a quando non c’è il confronto diretto in gara».

Lei è nel vivaio della Red Bull, e l’idea è quella di correre il 2026 tra gli Under 23 e poi di passare nel World Tour nel 2027. Oppure questo Mondiale vinto cambierà le cose?

«No, il programma non subirà modifiche. Il team è la scelta migliore per me e questo secondo Mondiale è figlio del duro lavoro che ho fatto anche con loro, naturalmente. Mi stanno facendo crescere nel modo giusto. A volte mi capita di “odiare” il mio allenatore John Wakefield… Ma con lui si lavora molto bene».

Con lo svizzero Huber avete un po’ battibeccato, vero?

«Un po’ sì, può capitare in gara. Ma poi ho deciso di dare il tutto per tutto al momento giusto».

Il momento in cui ha capito che la vittoria si stava materializzando?

«Quando ho attaccato e ho visto che Widar non c’era, ho avuto un bel presentimento, perché fino a quel momento il Belgio aveva tirato molto, avevano corso da favoriti quali erano. Ma in una gara così dura “spegnersi” è un attimo».

Origini anche inglesi, ma orgogliosamente legato ad Avegno e alla Liguria, giusto?

«Sì, certo. E mi piace molto anche per allenarmi. Purtroppo, è pericoloso e infatti cerco di andare nell’entroterra. In Italia c’è un grande problema di sicurezza per i ciclisti, non bisogna nasconderlo. Non tutti sono disciplinati. Io mi alleno da solo con un compagno e a bordo strada… rischio la vita ogni giorno. Speriamo davvero che si risolva».

Finn, oltre al ciclismo segue altri sport?

«Ho giocato a tennis e calcio, ma non ho sportivi che non siano ciclisti come idoli, diciamo. Seguo sempre i grandi appuntamenti come i Mondiali o Wimbledon, quello sì».

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