Dossena: «Che lezioni di storia ad Hammamet con Craxi e Cossiga. Nello spogliatoio della Sampdoria succedeva di tutto»

Alla Gazzetta: «Bearzot si irrigidì per la mia candidatura col Psi. A Porta Palazzo, risse, prostitute, io correvo veloce. Oggi il Telefono Azzurro denuncerebbe i miei per come sono cresciuto»

Dossena

Gc Ginevra (Svizzera) 21/03/2013 - amichevole / Brasile-Italia / foto Giuseppe Celeste/Image Sport nella foto: Giuseppe Dossena

Beppe Dossena, ex calciatore campione del mondo nel 1982, ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport. Tanti gli argomenti trattati durante la chiacchierata: dai suoi impegni attuali alla situazione della Sampdoria, passando per l’interesse per la politica e aneddoti risalenti a quando giocava: vi proponiamo di seguito un estratto delle sue dichiarazioni.

Beppe Dossena a tutto campo

Dossena oggi fa l’opinionista ed è impegnato nel progetto di “Special Team”. «È un ente del terzo settore che ha l’obiettivo di prendersi cura della comunità degli sportivi di tutte le discipline, sia quelli in attività che soprattutto post carriera. Il presidente è Paolo Maldini. Capisco che l’opinione pubblica possa pensare ‘Vabbè, sono persone che hanno buttato via i soldi’, ma parliamo di individui inattivi per il Paese che possiedono soft-skills fondamentali per il mondo del lavoro. Lo sport non può essere solo la conquista di una medaglia».

Lo scudetto nel 1991 con la Sampdoria. «In quello spogliatoio succedeva di tutto, ma ogni volta che si arrivava al limite non si andava oltre. Nel rispetto di una persona: Paolo Mantovani. Il più grande presidente mai incontrato nella vita, uno che ti dava sempre e solo la risposta giusta. Poi c’erano Vialli il tattico e Mancini lo stratega… il primo arrivava già preparatissimo, il secondo aveva un istinto straordinario».

Immancabile la domanda sul ricordo più bello che lo lega al compianto Luca Vialli: «Un Festival di Sanremo: andammo io e lui a vedere la finale, vinsero i Pooh con la canzone ‘Uomini soli’. Luca era il compagno ideale anche per una vacanza in barca di 15 giorni».

Per la politica Dossena ha una predilezione particolare, tanto che nel 1987 si candidò col Partito Socialista Italiano: «Ma non mi candiderei di nuovo. Io avevo il tempo di rincorrere il cambiamento, mi laureai in scienze politiche con indirizzo storico e mai nascosi la mia amicizia con Bettino Craxi. Le più grandi lezioni di storia però le imparai nelle due occasioni in cui andai ad Hammamet con Cossiga e il presidente della repubblica tunisina: sembravo un bambino dentro un negozio di giocattoli. Ma candidandomi attirai tante critiche, questa mia posizione irrigidì anche il ct Bearzot nei miei confronti: voleva un atleta totale che non esprimesse interessi diversi dal calcio. Ma io avevo voglia di sapere. Come diventai amico di Craxi? A ‘La Domenica Sportiva’, Beppe Viola mi disse ‘Ah, ma voi calciatori non pensate, non parlate, nemmeno votate’. Allora gli risposi: ‘Certo che voto, il partito socialista: Bettino Craxi’. Poi mi arrivò un cartoncino: ‘Una maglia granata e un garofano rosso valgono un’amicizia’. Così diventammo amici».

Dalla passione per la politica a quella per il calcio. «È vero che dribblavo le prostitute? A Porta Palazzo, a mezzanotte, ero più veloce di Usain Bolt. Nemmeno lui mi avrebbe raggiunto. Avevo 14 anni e giocavo nelle giovanili del Torino. Il tram mi lasciava a piedi per 700 metri: bottiglie che volavano, risse, di tutto. Oggi il Telefono Azzurro avrebbe denunciato mia madre e mio padre, ma sono cresciuto. E non potevo parlarne con nessuno, perché in collegio ero in camera da solo. Ma non è mai stato un sacrificio. Avevo quella passione: andavo a letto e non vedevo l’ora di svegliarmi e tornare ad allenarmi, senza pensare mai che sarei diventato calciatore».

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