Polonara: «Vivo a Valencia in attesa del trapianto, sto bene, abbiamo montato un canestro per mio figlio di 3 anni»
A Repubblica il cestista cui è stata diagnosticata la leucemia mieloide: «Non voglio fare il dirigente, voglio giocare ancora»

Db Milano 05/09/2022 - EuroBasket 2022 / Ucraina-Italia / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Achille Polonara
Achille Polonara oggi vive a Valencia dove ha appena concluso il secondo ciclo di chemioterapia. La sua lotta contro la leucemia mieloide, iniziata a giugno, continua. Ne ha parlato a La Repubblica:
In attesa del trapianto di midollo, io, mia moglie e i miei due bambini viviamo in un appartamento. Faccio un paio di accertamenti a settimana in day-hospital. Considerando la situazione, sto bene, sono pieno di forze e questo mi dà tanta voglia di fare, tanta felicità. Non posso correre a 30 gradi ovviamente, il resto mi riesce piuttosto bene.
Polonara ha appena firmato un contratto triennale con la Dinamo Sassari. Da giocatore. La famiglia ha un ruolo fondamentale nella sua storia e in questa scelta.
Essenziale. La presenza accanto a me di Achille jr. e Vitoria è linfa vitale. E mia moglie Erika ha fatto le notti sul divano in ospedale per starmi vicina. Abbiamo montato un canestrino nel nostro giardino, vedere il pallone, anche se una palletta di gomma, finire dentro l’anello è emozionante, il ciuff ha un bel suono sempre. Achille ha 3 anni, è ancora piccolo ma inizia a divertirsi, abbiamo fatto tanti video insieme. Vitoria non ha ancora manifestato passione per il basket, diciamo così. Ma ha cinque anni, ci sarà tempo. E poi lei ha il nome di una delle città in cui sono stato più felice nella mia carriera.
Tempo, nella sua storia, è una parola fondamentale e ricorrente.
La Dinamo Sassari non mi mette fretta e con loro è una storia interrotta sei anni fa che ora è bello tornare a raccontare. Dopo la finale scudetto persa contro Venezia in gara 7 nel 2019, quando eravamo già in ritiro pre-stagione, ho avuto la proposta del Baskonia per andare a giocare in Spagna e in Eurolega. E il presidente Stefano Sardara e Gianmarco Pozzecco, l’allenatore di quella Dinamo, mi lasciarono totalmente libero di scegliere: fu uno snodo importante nella mia carriera e li ho sempre ringraziati per la disponibilità. Ma al presidente promisi che prima di smettere sarei tornato a vestire il bianco e l’azzurro della Dinamo. E ora ci siamo.
A Bologna sono stato benissimo. Dalla società avevo avuto la proposta di entrare nello scouting, fare il dirigente, scoprire talenti. Ma io ho 33 anni e mi sento ancora e pienamente un giocatore di basket. Accettare quella proposta avrebbe significato automaticamente lasciare il campo e i canestri. E io voglio invece restare sul parquet. Ci credo davvero. Non so quando e se, ma voglio lasciare quella porta spalancata.
Pozzecco, suo allenatore in quella Dinamo, l’ha voluta con il ruolo di consigliere a distanza nel gruppo della Nazionale che giovedì esordisce con ambizioni da podio all’Europeo contro la Grecia.
Ho seguito tutte le partite di preparazione degli azzurri. Abbiamo una buona squadra, tanta esperienza con Melli, Fontecchio, Gallinari, Spissu, e talenti giovani come Spagnolo, Niang, Procida. Possiamo fare molto bene. È un torneo breve, in cui non si può sbagliare niente. Servirà un po’ di fortuna negli incroci. Ma la volontà di mettere l’anima in campo l’avverto, anche a distanza. È la lezione del Poz, lo seguiranno tutti e ci faranno divertire.
La Virtus ha vinto uno scudetto nel suo nome, con la sopramaglia nel riscaldamento con la scritta “Polonara” sulle spalle. Ora tocca all’Italia.
Dopo la scoperta della mia malattia, il 16 giugno, nel bel mezzo della serie scudetto contro Brescia, la Virtus si è unita in modo commovente ed è diventata imbattibile. Sollevare la coppa dello scudetto è stata una delle più grandi emozioni della mia vita. Ora tocca agli azzurri portarmi un medaglia, la voglio toccare, mettere al collo, sarebbe un grande regalo nella mia estate più difficile. I ragazzi mi hanno mandato le canotte con il mio numero 33. Mi hanno fatto sentire sempre uno di loro, in ogni momento. Come se fossi in raduno. Ho sentito tante volte il presidente Petrucci e Gigi Datome. Mi sento un azzurro e sto vivendo queste ore che mancano all’Europeo con la stessa loro ansia.