Addio a Marco Bonamico, Maradona “play” quasi gli spaccò un labbro
Fine anni 80, il Palazzetto dello sport pieno che cantava per lui, il Napoli di Diego sempre presente, le battaglie con Bob McAdoo. Bologna se lo riprese dopo due anni

Foto concessa da Roberto Di Lorenzo
«Diego Maradona play, Marco Bonamico in taglio lungo la linea di fondo». Ed ecco che parte un assist che il “marine” non si attendeva. Quasi gli spaccava un labbro. Lui che era abituato a duellare con Bob McAdoo, tanto per fare qualche nome. «Mi guarda e insieme sorridiamo. Maradona preciso con i piedi e anche con le mani». Ricordi. Ricordi di un tempo che non c’è più ma che ha segnato l’epoca di un palazzo, che non c’è più, di un’epoca in cui si andava prima al San Paolo e poi al Mario Argento. La passione c’è, quella resta, e Marco Bonamico è stata una cometa che è transitata per due anni sul golfo ma si è fermata in modo quasi perenne. Se è vero che oggi, nel giorno della notizia della sua scomparsa, la Napoli del basket ha ricordato il “Marine” con il sorriso di Pierrot. Quella smorfia con tanta tristezza dentro.
Marco Bonamico il marine amato dal Vesuvio
Roberto Di Lorenzo è stato per due anni nello staff tecnico di quell‘Alfa Sprint che salì dalla Serie A2 alla Serie A1 (1985/86) con Bonamico in campo. E di quella Wuber Napoli (1986/87) che giocava contro Di Varese, Tracer, Vismara, Snaidero, Scavolini, Dietor. Squadre per le quali non c’è bisogno di aggiungere le città. Perché si declamano come uno scioglilingua: Varese, Milano, Cantù, Pesaro, Bologna. E Napoli c’era. In quel Mario Argento sempre pieno, in quel Mario Argento caduto sotto i colpi dell’incuria le cui tribune ora sembrano due braccia protese verso l’alto alla ricerca del miracolo.
Bob McAdoo e la rissa in campo e fuori
«Vuoi un altro episodio? Eccoti servito: Bob McAdoo dopo aver conteso un rimbalzo scendeva con i gomiti alti e una volta quasi spaccò lo zigomo a Bonamico. Azione successiva: Marco gli fa un “Body check” per la quale litigano anche negli spogliatoi». Era uno che non se le teneva: nello spogliatoio un leader. Cordella in campo, lui l’uomo dell’ultima parola. Ma anche il primo a ridere e scherzare. «Una volta inondammo di acqua l’albergo di Bormio che ci ospitava e lui fu preso sul fatto».
Il Napoli al Mario Argento
Maradona, Castellini, Ferrario, Giordano, Bagni terminavano la partita ed andavano al Mario Argento. Fuss, Cordella, Bonamico, Gelsomini e gli altri erano in tribuna al San Paolo. Arrivò in una “trade” – nel basket americano si direbbe così – lungo l’asse Napoli-Virtus Bologna. Sbaragli sotto le due torri e Bonamico a Napoli. Ginocchia malconce ma non troppo. Due anni vissuti alla grande, tanto che la Virtus si riprese subito il marine. Una leggenda per il basket italiano, forse il più forte giocatore italiano che abbia calcato in quegli anni il parquet partenopeo. Da giocatore ha disputato 15 campionati di Serie A1 e 4 di Serie A2 ed ha vinto due scudetti con la Virtus Bologna, due Coppa Italia con la Virtus Bologna. Ma soprattutto è uno degli Eroi di Nantes che nel 1983 vinse l’Europeo di Basket dopo l’argento olimpico a Mosca 1980
Totò, il vino ed il buon cibo
E fuori dal campo? Pranzo e cena tra casa Di Lorenzo e casa Taurisano, altra leggenda del basket napoletano come molti allenatori giunti in città, dove mamma Germana faceva da chioccia a tutti. «Di mamma piacentina amava bere e mangiar bene. Un giorno era a cena con noi anche Tim Kempton che si divorò quintali di mousse di cioccolato. Marco era un leader silenzioso che aveva capito come la tecnica potesse aiutarlo con l’avanzare dell’età. Faceva pesi subito prima della panchina e fuori scherzava con tutti imitando Totò». Era molto legato a Maurizio Ragazzi, altro virtussino del Napoli Basket. Fu la moglie di Marco a convincere Paola Villa, indossatrice di Missoni, a passare la Pasqua insieme. Paola sarebbe poi diventata la moglie di Ragazzi. «Napoli gli è rimasta dentro. Vi ha passato solo due anni, ma è come se fosse un figlio di questa città da sempre».