Valentina De Laurentiis la prima ad aver capito che il Napoli calcio è cultura
Il Napoli non indossa più magliette di jeans o verde militare, e c’è un motivo. Oggi il club indossa solo i propri valori. Il Napoli è il Napoli anche per le magliette che produce.

Mg Napoli 23/05/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Cagliari / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Valentina De Laurentiis
Valentina De Laurentiis la prima ad aver capito che il Napoli calcio è cultura
L’erede al trono di Aurelio è femmina. Potrebbe iniziare così l’incoronazione – per il momento soltanto mediatica, ça va sans dire – di Valentina De Laurentiis ai vertici del Napoli calcio. Quando si diceva del Napoli come azienda a conduzione familiare un po’ tutti in città storcevano il naso. Oggi i tempi sono cambiati, per dirla con il Franco Battiato di Bandiera Bianca, anche per la executive board member (così è definita).
Valentina De Laurentiis si è ritagliata un posto importante nella gerarchia nord-coreana del Napoli: grazie a lei, il club può oggi autoprodursi le maglie da gioco, con il solo aiuto in fase di design di EA7.
Nel 2021 il Napoli ha deciso di concludere il rapporto con Kappa, rinunciando a circa otto milioni di euro a stagione. Gli azzurri sono così diventati il primo club di alto livello in Serie A a non avere uno sponsor tecnico propriamente detto: un’idea che era già maturata nella mente di De Laurentiis padre. Non è infatti un caso se pochi mesi dopo questa scelta, l’area commerciale del club abbia fatto registrare un aumento del 40% di ricavi.
Eppure, non è solo un discorso economico. Assumendo l’incarico di supervisionare la creazione delle magliette, Valentina De Laurentiis ha avviato una rivoluzione più profonda, a tratti “culturale”. Un cambiamento che è culminato ieri, nel giorno della presentazione del kit per la stagione 2025/26.
Il Napoli aveva annunciato la presentazione alle 19:26 e così è stato: un trailer di un minuto e mezzo diffuso su tutti i social ha scelto di raccontare la divisa che gli azzurri indosseranno da Campioni d’Italia.
Ora, al di là del dibattito puramente estetico – posto che ve ne sia uno – sulla bellezza della maglia (e fidatevi, basta guardarla addosso a De Bruyne e McTominay per emozionarsi), quello che risalta agli occhi è l’incisività del racconto. L’epica e lo storytelling intorno a un oggetto già di per sé sacro come una maglia da calcio, in una grande città con una sola squadra.
Il Napoli, con Valentina De Laurentiis al timone, ha riconnesso la città al club con un messaggio chiaro: il Napoli è storia, tradizione, identità. «Napule è viva, ancora» per usare il motto che lo stesso Napoli ha usato.
La maglia è un piccolo capolavoro di classicità, un modo per celebrare la storia: il collo bianco a V ricorda la maestosa eleganza di Ruud Krol; le righe conferiscono quell’aria da inizio Anni Ottanta che non guasta mai. Tutto rimanda a un Napoli passato, forse persino all’idea platonica di un Napoli a cui i tifosi si sentono legati.
La maglietta bianca celebra invece alcuni elementi propri della cultura napoletana. In entrambi i casi lo scudetto al centro regna sovrano: ricamato d’oro, sullo sfondo si stagliano il logo e la scritta “Campioni d’Italia”.
Per arrivare fin qui è stata essenziale la visione di Valentina De Laurentiis, la deus ex machina di questo progetto che potremmo definire multimediale. Ha preso le magliette e ci ha messo dentro un pezzo del rapporto con il tifo.
Il Napoli non indossa più magliette di jeans o verde militare, e c’è un motivo. Perché oggi il club indossa solo i propri valori. Il Napoli è il Napoli anche per le magliette che produce. I tifosi sono tornati a vedere sé stessi nei kit di allenamento, nelle giacche primaverili. Scelgono i prodotti del Napoli perché contengono un messaggio. Una visione del mondo.
«Senza tutti voi, niente avrebbe lo stesso significato. Siamo un corpo solo, un’unica anima che batte forte. Siamo il Napoli. Siamo famiglia. E quando siamo insieme, nulla è impossibile» ha scritto Valentina De Laurentiis per celebrare l’indomani della vittoria del quarto scudetto. Pur rimanendo dietro le quinte, e non aprendosi quasi mai a dichiarazioni pubbliche (al contrario del padre-padrone-presidente), non possiamo trascurare il suo contributo in questa nuova età dell’oro napoletana.