Chivu: «Sappiamo accettare e gestire le critiche, il gruppo si è chiarito nello spogliatoio»
In conferenza: «Non parlo di favoriti o meno, il mio lavoro si basa sulla comunicazione. Non giocheremo con tre punte, anche l'Inter dell'anno scorso variava in base all'avversario»

Db Charlotte 30/06/2025 - FIFA Club World Cup / Inter-Fluminense / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Cristian Chivu
Christian Chivu, allenatore dell’Inter, ha presentato in conferenza stampa la stagione 2025/2026 insieme a Beppe Marotta. I temi trattati sono stati molti: dalla finale di Champions al gruppo, passando per il Mondiale per club e ovviamente per il mercato che può ancora dare soddisfazioni e implementare la rosa (in primo luogo con Lookman ndr). Di seguito un estratto significativo.
Chivu: «Abbiamo discusso internamente, sono cose di spogliatoio»
Ha chiuso la tournée americana con un chiarimento di squadra?
«È stata una discussione di cose successe, non dette. Sono cose che fanno parte di uno spogliatoio, di un gruppo maturo, che ha tanta voglia di vincere e ha bisogno ogni tanto di chiarezza».
Lo scudetto è una priorità negli obiettivi?
«Noi non guardiamo mai indietro, non vogliamo prenderci nessuna rivincita. Guardiamo al presente, a quello che vogliamo costruire per il futuro. Abbiamo ereditato una situazione costruita da questa società che è sempre rimasta ai vertici e abbiamo l’obbligo di mantenerla lì, al di là dei titoli. Faremo del nostro meglio e daremo sempre il massimo per raggiungere gli obiettivi. A parole ovviamente è semplice, a fatti è più difficile, ma la società ha dimostrato che è unita, che ha voglia di incidere e vuole rimanere ai vertici in Italia, in Europa e nel mondo».
Quanto dureranno le scorie della finale di Champions?
«Siamo un gruppo maturo, con una certa esperienza, che sa gestire determinati momenti. Sappiamo accettare anche le critiche e gestire situazioni non comode a livello mentale. Le aspettative su questa squadra erano altissime a maggio, purtroppo le cose non sono andate come tutti si aspettavano. A livello mentale qualcosa subisci, c’è tanta amarezza e c’è stata tanta voglia di ottenere qualcosa di importante. Il bello del calcio è che arriva la partita o la stagione successiva e si riparte sempre da zero, anche se bisogna accettare ciò che si dice in giro. Quelle cose devono essere fonte di motivazione per il futuro, per lavorare un po’ di più e avere più ambizione».
Siete consapevoli che ci sia un percorso da fare che non può essere fatto solo di successi?
«Questo fa parte della vita, non solo del calcio. Le cose sono semplici, si può vincere subito o no, ma in entrambe le situazioni si deve accettare che si tratta di un percorso. Bisogna accettare anche il fatto che questa squadra negli ultimi anni è sempre stata ai vertici del calcio italiano e non solo, bisogna anche accettare che vogliamo mantenere la squadra ai vertici. A volte ci riesci e a volte no, ma non perché sono arrivato io. Poteva succedere anche all’allenatore passato».
Calhanoglu può giocare anche in un ruolo diverso?
«Il nostro è un centrocampo numeroso. Abbiamo tanti giocatori, molto bravi e forti. Bisogna poi vedere strada facendo. La mia idea è che in alcune partite saranno in tre, in altre saranno in due. I nomi li sceglieremo in base alla loro prestazione durante la settimana, all’avversario. Calhanoglu sono contento abbia lavorato molto, che sia tornato sano. Ha tanta voglia di rifarsi, in America era molto amareggiato e deluso per non aver potuto aiutare la squadra. Era molto dispiaciuto in quella situazione, le aspettative sue e nostre erano di averlo per la seconda partita. Ha lavorato sodo, tanto in queste tre settimane e l’ho visto anche oggi molto bene».
I centrocampisti che hai a disposizione possono reggere le tre punte o bisogna aggiungere qualcosa a livello di caratteristiche?
«Io non ho mai detto che giocherò con tre punte, ho parlato solo del centrocampo. La base di questa squadra è sempre stata 3-5-2, ma ha spesso costruito a 4 in base a come li andassero a prendere o a come volessero far male. Oggi l’occupazione del campo è sempre in base a quello che l’avversario ti concede. Il 3-5-2 può diventare 3-2-5, 4-2-4 o 4-4-2, sono cose che hanno a che fare con la dinamicità della partita. E’ importante accettare i duelli, cercare di vincerli: chi vince i duelli vince anche le partite. Ci concentriamo su quello, cercando di dare un’identità da subito per non essere impreparati quando ci troveremo in certe situazioni durante la stagione. Alleneremo più moduli per cambiare di partita in partita e a partita in corso».
In cosa può incidere anche lei?
«Spero col buonsenso, con la cattiveria, con le incazzature e con il sorriso. Devo essere al meglio preparato sugli avversari, parlo anche del mio staff. Cercherò di capire i giocatori, di parlare con loro, perché spesso pretendiamo da loro cose e ci si dimentica che abbiamo a che fare con persone e uomini che magari hanno anche loro dei problemi. Noi dobbiamo capire le loro problematiche e come fare per sistemarle. Credo molto nella comunicazione e in quello che una persona può dare a un’altra.
Mi piace questo modo di lavorare e vivere. Non a caso ho fatto sei anni di settore giovanile, perché non mi sentivo pronto e all’inizio non sapevo nemmeno farlo. Ho preferito lavorare su questo, abituarmi a essere empatico e capire bene cosa voglia dire. Ho avuto la possibilità di lavorare con ragazzi più maturi nei tre mesi di Parma e adesso ho a che fare con ragazzi con cui ho anche lavorato in passato. Mi fa piacere aver trovato grandi campioni, perché questa squadra e questi giocatori li ho sempre stimati e ammirati».
Partire da non favoriti può essere un vantaggio?
«Io non parlo di favoriti o altro. Conosco solo una via: lavorare e dare il massimo. Dobbiamo capire la cultura del lavoro, le difficoltà che arriveranno. Raccogli quello che semini. Non è giusto parlare di favoriti, poi è normale che le squadre che ambiscono a vincere il campionato a parole sono sempre le stesse. Contano però i fatti: per arrivare al dunque bisogna pedalare tanto».