Il mistero Gattuso: l’allenatore che più fallisce, più fa carriera. L’intramontabile fascino delle maniere forti

Il Gattuso a nove code trasformerà Coverciano in una Guantanamo calcistica. A Napoli fu salutato come un liberatore quando sostituì Ancelotti

Gattuso

Ag Napoli 14/12/2019 - campionato di calcio serie A / Napoli-Parma / foto Alessandro Garofalo/Image Sport nella foto: Gennaro Gattuso

Il mistero Gattuso: l’allenatore che più fallisce, più fa carriera. L’intramontabile fascino delle maniere forti

Sostiene Gigi Buffon: “Gattuso è la migliore scelta possibile per la Nazionale”. Già esperto medico di problemi cardiaci della classe arbitrale (“un bidone d’immondizia al posto del cuore”), oggi Buffon è il capodelegazione degli azzurri e ha ripetuto in sostanza ciò che disse Aurelio De Laurentiis nel dicembre di sei anni, nel 2019. Il Duce Aurelio esonerò Carlo Ancelotti, prese Rino Gattuso su suggerimento di Cristiano Giuntoli (che poi ha portato Thiago Motta alla Juventus) e annunciò sicuro e festante: “Tornerà lo spettacolo del quattro tre tre”. Il povero Re Carlo era stato infatti una breve parentesi all’indomani della chiusura del centro estetico del sarrismo zero tituli. Dopo la cazzimma propagandata dal Comandante di sinistra (la retorica populista in merito si spreca), adesso toccava a Mister Ringhio, convinto berlusconiano che votava e vota a destra contro i migranti clandestini, inoculare massicce dosi di un’altra sostanza nella squadra azzurra: il veleno.

Anche lui non fece una professione di prudente umiltà. Arrivò e sentenziò: “Vedere questa squadra al settimo posto è imbarazzante”. Al suo esordio in panca, il Napoli perse in casa con il Parma, uno a due. Sempre in casa, tra gennaio e febbraio del Venti, perse con l’Inter (1-3), la Fiorentina (0-2) e persino con il Lecce (2-3). Mister Veleno finì da dove aveva cominciato, al settimo posto. Sessantadue punti nell’anno della Juve sarrita campione d’Italia (ma questa è un’altra storia). Nella sua prima stagione riuscì pure a farsi eliminare agli ottavi di Champions dal Barcellona più scarso dell’ultimo decennio, quello del crepuscolo di Messi, e disse pure no all’arrivo di Ibrahimovic, per la gioia del Milan. Tuttavia De Laurentiis lo confermò per la stagione successiva e l’epilogo, lo ricordiamo tutti, fu tragico: il Napoli pareggiò in casa con il Verona, uno a uno, e perse il quarto posto che valeva la Champions. Era il 23 maggio del Ventuno e Mister Veleno sedette in panca per la prima volta in silenzio per tutta la partita, senza alluccare (gridare). Non era mai accaduto. Nella serata di quella triste e cupa domenica l’unica notizia positiva fu il tweet di De Laurentiis che congedava Gattuso alias Mister Veleno.

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La sintesi estrema della sciagurata esperienza napoletana di Gattuso è il prologo a uno dei più grandi misteri del calcio italiano e non solo, che si sviluppa lungo due grandi interrogativi elementari, per dirla con l’immortale Sherlock: “Perché Gattuso si ostina a fare l’allenatore?” e “Perché gli danno sempre delle nuove e importanti opportunità nonostante le sconfitte?”. In questi anni, non solo in questi giorni, il Napolista ha ampiamente documentato l’inadeguatezza di Mister Veleno ad allenare ai livelli massimi. Del resto la sua carriera da tecnico è povera di successi e ricca di fallimenti, senza dimenticare che quasi mai ha allenato squadre di prima fascia. E allora perché questa sopravvalutazione? E soprattutto perché questa narrazione che lo esalta senza motivo anche adesso che approda alla guida della nazionale azzurra? Senza dubbio, prevale la rete di relazioni di sistema e questo è un problema che riguarda anche gli altri campioni del mondo del 2006 che si cimentano come allenatori senza vincere mai, in primis Pirlo e Cannavaro. Ma il mistero Gattuso va oltre tutto e tutti.

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A Napoli Gattuso fu salutato come un liberatore quando sostituì Ancelotti

Proprio l’esperienza napoletana dovrebbe far meditare l’élite mainstream (federazione e media) che lo sostiene senza se e senza ma. Con Gattuso cittì è molto probabile che l’Italia buchi il suo terzo mondiale (sia chiaro, noi non ce lo auguriamo) ma il paradosso è che questa domanda è come scomparsa dal dibattito sportivo dopo l’esonero di Luciano Spalletti. Il centro dell’enigma Gattuso, potremmo dire il punto G del giallo, è questo: ogni volta che si celebra l’epifania del gattusismo, il contesto evapora cancellando ogni dubbio che una mente non offuscata potrebbe avanzare. Quello che è accaduto a Napoli è un caso di scuola del mistero gattusiano. Sin dall’inizio. Da noi, infatti, il Mister Veleno pisan-cretese sostituì addirittura il tecnico più vincente del mondo, retrocesso però a Napoli a mangiatore di panzarotti nonché a bieco familista che voleva sistemare il figlio. A nessuno venne in mente di affiancare i due curriculum, di valutare i loro successi e no. Anzi, Gattuso venne salutato come un liberatore dai media. È come se Antonio Conte avesse esultato e sparato i fuochi d’artificio, nel gennaio scorso, per l’arrivo di Okafor al posto di Kvara. Questa apologia acritica e indefessa del gattusismo durò sino all’ultimo minuto nel mondo virtuale ma decisivo della narrazione mainstream. Mentre i tifosi si scatenavano nel “Gattuso out” la stampa amica spingeva per la riconferma di Mister Veleno, al punto che un quotidiano cittadino intervistò financo Inacio Pià buonanima che asserì: “Confermerei Gattuso tutta la vita”.

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A questo punto si ritorna al giudizio buffoniano dell’inizio: “Gattuso è la scelta migliore”. Perché? Basta quello che abbiamo sostenuto sinora? Fino a un certo punto. Perché il prode Gigi dovrà pur avere qualche appiglio tecnico oltre il vincolo amicale tra gli eroi del 2006. E qui può illuminare la scena Lorenzo Insigne che nel funesto biennio di Mister Veleno ritrovò l’amata e rassicurante mattonella che Ancelotti voleva togliergli per farlo crescere e cambiare modulo. Spiegò infatti l’allora capitano del Napoli in un’intervista: “Io ad Ancelotti dicevo sempre che noi avevamo bisogno di essere messi sotto pressione, anche bacchettati se era il caso”. Ecco allora un po’ di luce sul mistero di Mister Veleno. Leggendo al contrario la dichiarazione di Insigne si realizza che Gattuso usava le maniere forti per farli soffrire e godere. Il Gattuso a nove code, in pratica, per evocare il noto flagello (frusta) che veniva usato per le punizioni sulle navi britanniche. Gattuso non allena ma in compenso fa soffrire, dispensa bacchettate e forse anche capate in bocca e calci in culo. E Gravina, il disastroso presidente della Federcalcio, avrà pensato che l’unica strada per arrivare ai Mondiali deve essere disseminata di torture al posto dei torelli, di mazzate al posto dei cinesini. Anzi, con il sostegno di Buffon, ex fascista a sua insaputa (rivelò che diceva “boia chi molla” senza conoscere l’origine dello slogan), e soprattutto di Leonardo Bonucci (altro nuovo componente dello staff azzurro), Coverciano diventerà una sorta di Guantanamo calcistica, dove chi sbaglia e perde riceverà indicibili punizioni. Spiegazioni diverse non ce ne sono. Detto questo speriamo di essere smentiti: magari non solo Gattuso raggiungerà la qualificazione ma poi i Mondiali li vincerà pure. Auguri.

Post scriptum. Rileggendo mi sono accorto che ho dimenticato un altro dettaglio non secondario di Mister Veleno. Nel febbraio del Ventuno il Napoli gattusiano venne eliminato ai sedicesimi di Europa League dagli ispanici del Granada. In compenso, giusto per non essere parziali, vinse una memorabile Coppa Italia battendo la Juve in finale a Roma ai rigori: una cosa da mettere lo scuorno in faccia a Conte che quest’anno è stato eliminato da tre pappine della Lazio. Di nuovo tanti auguri. E speriamo di non riscoprire Cocciante: “Era già tutto previsto!”.

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