The revenant – L’orso di Aurelio De Laurentiis erano le sue certezze, lui le ha sconfitte ed è rinato

Anche noi lo avevamo criticato. Ci ha smentito. In questa capacità di uccidere se stessi, per poter sopravvivere sono racchiusi tutti i suoi meriti

The revenant

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È redivivo Aurelio De Laurentiis. Con gli occhi più azzurri di Leonardo di Caprio. Dopo un’annata balorda fatta di scelte sbagliate, uscite deliranti ed allenatori lunari, ha riportato tutti alla stessa pagina. Da uomo saggio. Da padre nobile, impegnato in prima persona dietro le quinte. Sul palco della premiazione ha fatto fatica. Avrebbe voluto alzare lui la coppa al posto del capitano. Due scudetti in tre anni, di confessioni assolutamente antitetiche. Le critiche torrenziali (qui un nostro articolo molto critico) dovute ad una scarsissima preparazione alla gestione della vittoria, rispedite al mittente. I pericoli erano stati scorti in tempo, è probabile che l’Opa sul calcio italiano sia ancora in tempo a partire, ma è fisiologico nell’animo e nelle membra umane, un momento di stanchezza, un momento di stasi. Il redivivo ha dovuto combattere innanzitutto con se stesso, ha riportato delle ferite profonde, l’orso di cui avere ragione erano certezze consolidate negli anni da una carriera di successo sia come produttore cinematografico, che da una presidenza quasi ventennale lastricata di intuizioni e scelte impopolari, per questi geniali. Ed in questa capacità di uccidere se stessi, per poter sopravvivere sono racchiusi tutti i meriti. Avere il coraggio di sconfessare se stessi e le proprie certezze, per abbracciare quello di cui c’era più bisogno: l’ingaggio di un vincente vero come Antonio Conte.

The revenant, la svolta è stata l’ingaggio di Conte

La prima lezione del comandante è stata a Dimaro, il barnum a tinte azzurre chiedeva qualche saltello. Respinti con perdite. Non ci si piega ai riti posticci e fetenti imposti dal popolino: schiena dritta. I bagni di folla di Dimaro 2023 dunque archiviati.

Per la ragione di Stato ha aderito a richieste di Conte, che nel passato avrebbe negato anche ai nipotini più cari. Nel momento peggiore Brescianini entra a Villa Stuart da giocatore del Napoli e ne esce atalantino, segnando due gol alla prima uscita. Il Napoli intanto ne becca tre a Verona, con la difesa sbrindellata del decimo posto. Poi per fortuna ha prevalso lo spirito di sopravvivenza, dopo un confronto franco con Antonio Conte a Capri. Qualcosa deve essere scattato. Lukaku, McTominay, Gilmour, Buongiorno e Neres sono stati lo scotto da pagare. La mancata cessione di Osimhen, e tutto ciò che ne è conseguito, è stata una scoria del periodo più buio, il cui pegno è raffigurato dalla dolorosa gestione e cessione dell’asso georgiano. Ma ce ne faremo una ragione, anche se lasciarlo andare a metà campionato è stata più una resa, che una strategia.

C’è un nuovo futuro da scrivere. Le dolci ed illusorie impressioni delle cene tricolori, lasceranno lo spazio alle pulsioni di ciascuno. Il sedici giugno 2023 non sarà ripetuto. La lezione è stata capita. Un golpe contro se stessi non è in programma. De Laurentiis ha imparato la lezione: quando si vince è necessario rilanciare, senza bluffare.

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