Io, interista, vi scrivo. Quello di Conte non è miracolo ma opportunismo puro

Complimenti. Ma la costante beatificazione di un provocatore seriale è difficile da digerire. Speriamo resti a Napoli, voglio vederlo su tre fronti (almeno fino a dicembre)

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Mg Napoli 23/05/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Cagliari / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Antonio Conte

Io, interista, vi scrivo. Quello di Conte non è miracolo ma opportunismo puro

La storia la scrive chi vince. È una verità tautologica, come affermare che lo scudetto vinto dal Napoli di Conte l’ha perso l’Inter. I meriti del Napoli sono evidenti ma iniziano dove finiscono i demeriti degli avversari. Rimanendo però alle verità tautologiche, quelle vere a prescindere, “la storia non si scrive con i se”.

E quindi come si può non essere d’accordo con Conte quando lancia quelle frecciatine mortifere. «Che vinca non so se dire il migliore, che vinca chi lo merita», disse dopo il pareggio contro il Genoa. Chi lo ha meritato? Il Napoli? La classifica dice così. Sottolinearlo a tre giornate dalla fine provoca un prurito urticante che fa gioco solo a Conte (e al Napoli).

Questa è la sua tattica. Quando tutto va bene, è lui “lo specialista in vittorie e in sconfitte”. Lui sa come si fa. Quando l’impalcatura inizia a scricchiolare… “eh ma hanno venduto Kvaratskhelia”, “la rosa ridotta all’osso”, “il suo è un miracolo”.

Rivelo un’altra verità tautologica. Quello di Conte non è miracolo ma opportunismo puro. E ha ragione. Conte logora solo chi non ce l’ha. Ha sfruttato una stagione in cui le big hanno floppato tutte. L’Inter ha scelto “rimanere su tre fronti ad aprile” con il rischio calcolato di trovarsi con un pugno di mosche in mano a maggio. Ci siamo quasi eh.

Per trovare un campionato vinto con così pochi punti, 82 per la precisione, bisogna tornare indietro al 2011, quando il Milan di Allegri la spuntò proprio sui cugini (82 punti contro 76). Stesso punteggio con cui i nerazzurri vinsero l’anno precedente, quello dello storico Triplete: l’allora squadra allenata da Mourinho beffò all’ultima giornata la Roma di Ranieri (82 punti contro 80).

La costante beatificazione di un provocatore seriale è qualcosa difficile da digerire. Sulla stagione di Conte ci sarebbero tanti quei puntini sulle “i” da mettere, ma oggi (ieri e domani) è il giorno della festa, dei complimenti.

Qualche puntino c’è da metterlo. Come quando parla di una squadra presa dal decimo posto. Altra verità inconfutabile e incontrovertibile. Come lo è il fatto che sette undicesimi della disastrosa rosa della stagione da decimo posto sono gli stessi del terzo scudetto: Meret, Di Lorenzo, Rrahmani, Olivera, Lobotka, Anguissa, Politano (evito il georgiano). O erano fortissimi quando vinsero con 90 punti, o erano scarsissimi quando arrivarono a 53 punti. Non ho sentito, letto, visto nessuno puntualizzare questo a Conte quando parlava di macerie. C’erano, ma sotto c’era anche qualche brillante da tirare a lucido. Non ha tirato nessun coniglio dal cilindro Antonio da Lecce.

Tralasciamo le sue baggianate contro il Var, contro l’Inter. E allora consentitemi di chiudere con l’ultima verità tautologica. Questo è lo scudetto di De Laurentiis. Senza se e senza ma. Ha intravisto l’opportunità di prendere il migliore sulla piazza, l’ha sfruttata. Ha dato lui i mezzi giusti per fare bene, poi gli astri si sono incastrati alla perfezione. Ma soprattutto si è fatto da parte, ha lasciato squadra, staff e tutta Castel Volturno tranquilla di lavorare mentre lui era negli States a godersi la stagione da lui creata. Ha imparato dai suoi stessi errori, e questo è il più grande merito che si può riconoscere ad Aurelio.

Il futuro tra Conte e De Laurentiis? Chi vivrà, vedrà. Ma da avversario spero in una sua permanenza a Napoli. Mi stuzzica l’idea di vederlo alle prese con tre competizioni… almeno fino a dicembre.

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