C’è anche una Napoli che non si è mai lamentata di Conte, degli 1-0 e dell’assenza del gioco da Playstation

La città sta seguendo il generale anche nelle direttive sulle bandiere. Conte e questa squadra ci hanno inorgoglito, lo diciamo adesso

Lukaku Conte Napoli

Napoli's Italian coach Antonio Conte (C) talks with his players during the Italian Serie A football match between Atalanta and Napoli at Gewiss stadium in Bergamo on January 18, 2025. (Photo by Alberto PIZZOLI / AFP)

C’è anche una Napoli che non si è mai lamentata di Conte, degli 1-0 e dell’assenza del gioco da Playstation

Certo, sappiamo la solita storia che a Napoli ci sono problemi più grandi e urgenti di una partita di calcio. Nel 1990 ci fu l’apice di un certo sdegno o paternalismo sulla “Napoli campione che si distrae dai problemi”. Addirittura Berlusconi, all’epoca presidente del Milan, paventò un “riscatto” rosicando per la sconfitta alla penultima giornata e la perdita di un tricolore che i rossoneri avevano in pugno.

C’è da dire che questa narrativa si affaccia in tono minore, il classico moralismo dell’ultima ora su una città che non è quella di 35 anni fa e non lo è nemmeno la tifoseria. Al netto della “napulitaneria” c’è la stragrande maggioranza di tifosi che vivono una passione senza mediazioni e in modo viscerale, sicuramente irrazionale. Dal professore universitario al garzone di bottega, i pensieri sono gli stessi in questi giorni che precedono Napoli-Cagliari. Ansia, attesa, gesti raccontano di un sentimento collettivo capace di unire e andare oltre il luogo comune.

In questi giorni la quasi assenza di vessilli, bandiere e striscioni azzurri in città – salvo qualche rara eccezione – racconta come il re dei passionali come Antonio Conte sia stato seguito come fanno i soldati con il loro generale. I napoletani senza “napulitaneria” stanno mostrando una maturità – anche maggiore rispetto a quella di due anni fa – unita a questa passione ingestibile e ingovernabile dai dettami della razionalità.

La Napoli che dopo il 3-0 a Verona non ha insultato l’allenatore

Sì Napoli non è abituata a vincere, è vero. Però quando vede il traguardo proprio lì a portata di mano ha bisogno di questa nemesi collettiva che racchiude i sogni di un’infanzia, biologica e storica. Allora va bene così, guardare che mancano le ore a questa sfida o scegliersi la piazza dove stare senza quel biglietto del Maradona polverizzato in pochi minuti. Ne ha diritto chi il 18 agosto dopo Verona non ha insultato Conte e una squadra che non era ancora formata, chi non ha passato questi mesi a lamentarsi degli 1-0 o della mancanza del gioco da playstation.

Venerdì sera la passione collettiva e irrazionale deve stare negli occhi di chi ama il calcio per quello che è e a Napoli è anche qualcosa in più, come raccontano muri e altari dipinti di azzurri. Grazie a Conte e questa squadra per questi dieci mesi di orgoglio e calcio, vale la pena dirlo prima di venerdì: “andiamoci a prendere lo scudetto”.

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