Antonio Conte alias Tony D’Amato: «Il calcio è come la vita, è questione di centimetri»
Il mitico discorso di “Ogni maledetta domenica” è perfetto per la settimana del Napoli, dal Genoa al Parma: “È il calcio, ragazzi, che cosa volete fare?»

Antonio Conte alias Tony D’Amato: «È il calcio, ragazzi, allora che cosa volete fare?»
In questa settimana di passione, in attesa del Tardini, per stemperare la tensione o anche solo per esorcizzarla, spinto dal lucore marino del remo che sospinge Ulisse verso l’ignoto, ogni tifoso si crea la sua narrazione ideale.
E allora tutti a immaginare cosa possa succedere in quello spogliatoio di Castel Volturno, con Conte come Al Pacino di “Ogni maledetta domenica” che parla di traverso, con un occhio teso verso la terra e l’altro rivolto al cielo, alla gloria, alla storia, a registrare il movimento delle costellazioni, le ampie distanze, il silenzio delle stelle.
Essere Conte, ora e adesso, vuol dire accogliere le infinite possibilità che l’orizzonte dischiude.
La partita di Parma con quella “cosa” da conquistare con i suoi ragazzi, viene dopo: prima bisogna aver guadato i torrenti di Dimaro, lasciato impronte sulla neve o nel deserto, vero o virtuale non importa, incontrato il lampo negli occhi di un cervo o di una lince, portiere o centravanti che fosse.
Sull’orlo di un crinale, a mezzacosta: tra veglia e sogno, passato e presente, il suo discorso motivazionale, la sua protesta di non accontentarsi ma di guardare oltre, sempre più oltre, è come un faro nel golfo di Napoli, distante e al tempo stesso intimo, solitario, fiero avamposto tra le tempeste marine.
Tony D’Amato: “Il calcio è come la vita, è questione di centimetri”
La vita è un gioco di centimetri dice Tony D’Amato nel film: «E così è il football, perché in entrambi questi giochi, la vita e il football, il margine d’errore è ridottissimo capitelo: mezzo passo fatto un po’ in anticipo o un po’ in ritardo e voi non ce la fate, mezzo secondo troppo veloci o troppo lenti e mancate la presa».
E così ritornano in mente quei centimetri che domenica sono stati decisivi. I centimetri rimpallati dal palo sul braccio di Meret e i centimetri mancati, al colpo di testa di Billing sul gol del pareggio.
La voce roca di Al Pacino così magnificamente doppiato da Giancarlo Giannini, riecheggia in quello spogliatoio napoletano, genera un effetto di sospensione temporale, un’accorata meditazione sulla dissoluzione, uno squarcio improvviso su una realtà ulteriore, dove le tracce del passato, di Maradona, dello scudetto di Spalletti continuano a vivere nei dettagli del presente. Quella stessa voce che dalla bocca di Conte continua dicendo: «Ma i centimetri che ci servono sono dappertutto, sono intorno a noi… ce ne sono in ogni break della partita, ad ogni minuto, ad ogni secondo. In questa squadra si combatte per un centimetro; in questa squadra massacriamo di fatica noi stessi e tutti quelli intorno a noi per un centimetro; ci difendiamo con le unghie e con i denti per un centimetro, perchè sappiamo che quando andremo a sommare tutti quei centimetri il totale allora farà la differenza tra la vittoria e la sconfitta, la differenza fra vivere e morire»”.
E cosi comprendiamo finalmente il segreto del Mister condottiero, di ogni condottiero e quindi di ogni poeta: accendere il fuoco e nel fumo leggere il futuro.
Portare fuori la cenere, gettarsela alle spalle e non guardarsi mai indietro nel farlo. E finire dicendo: «è il football ragazzi… tutto qui…. allora che cosa volete fare?»