L’intervista al Corsera: “Prendo l’invalidità. Sbagliai ad andare nel Milan dei campioni, era troppo per me”

Gianluca Sordo era l’altro Lentini. Stesso look, ma un po’ meno. Stesso ruolo, ma con meno qualità. Stesse squadre, Toro e Milan, per un periodo. Prima di finire male, dimenticato. Con un certo grado di livore che trasmette anche nell’intervista al Corriere della Sera.
Ex esterno da 117 partite in serie A, nel 1992 Sordo ha vinto anche un Europeo U21 con l’Italia, ha partecipato alle Olimpiadi di Barcellona e ha sfiorato il trionfo in Coppa Uefa col Torino. Poi, a carriera già in là, è successo: “Mi allenavo tutti i giorni, nella speranza di trovare una squadra in C2. Ogni venerdì, poi, andavo a giocare a calcetto con i miei amici, quindi una pizza a cena e una bevuta in un bar a Marina di Massa prima di tornare a casa. Una sera, senza volerlo, pesto il piede a una ragazza. Le chiedo scusa un paio di volte, lei non le accetta. Alla terza perdo la pazienza e la mando a quel paese. A quel punto un ragazzo che era alla mia sinistra, e che evidentemente nutriva un certo interesse per lei, mi rifila una testata alla tempia. Ci dividono, lui era recidivo. Aveva già dei precedenti. Torno a casa, inizio a vomitare nel letto, non riuscivo a parlare o a muovermi. Mia moglie, oggi ex, chiama il 118. “Ha bevuto, ora gli passerà”, le rispondono. Continuo a peggiorare, a quel punto avvisa mia mamma che richiama subito i soccorsi. “Se non lo portate in ospedale, muore”. Mi fanno una tac, avevo un ematoma cerebrale. Alle 8 del mattino mi operano a Pisa, salvandomi la vita. È un miracolo che sia qui a raccontarlo. Finisco in coma per quattro giorni, quindi un mese di terapia intensiva e una lunga riabilitazione pagata tutta di tasca mia. I danni però me li porto dietro ancora oggi. Zoppico, ho dei deficit motori con la parte sinistra del corpo e la testa mi va a fuoco anche quando leggo solo mezza pagina di giornale sportivo. Percepisco una pensione di invalidità”.
Il calcio, dice l’ha immediatamente archiviato. “Nessuno si è degnato di chiedersi se fossi ancora vivo o no, solo gli ex compagni di squadra”. Fa anche i nomi: Allegri: “L’ho avuto all’Aglianese, era alla sua prima esperienza mentre io ero il giocatore più anziano. Ma di lui conservo un bruttissimo ricordo. Gli davo una mano, in campo si era creato un bel rapporto, era tutto un “Gianlu, Gianlu, Gianlu”. Poi in un mese di terapia intensiva non si è mai fatto vedere o sentire. Tutti sapevano quello che mi era accaduto, ne avevano parlato tv, radio e giornali. Non ero andato in Groenlandia, stavo lì a pochi minuti d’auto da lui, una persona con cui avevo condiviso le giornate fino a qualche mese prima. Mai un lunedì dopo le partite che sia venuto a salutarmi. Un giorno a Forte dei Marmi, stava per firmare col Milan. Ha provato ad abbracciarmi fuori da un negozio come se non fosse successo niente, ma avrebbe dovuto pensarci prima. Ero arrabbiato, lo mandai a quel paese. Mi è dispiaciuto perché era con una persona anziana, forse il padre. E stavo per fare lo stesso anche con Galliani, poi un mio amico mi ha fermato in tempo”.
Sordo s’è pentito di essere andato al Milan di Maldini, Savicevic, Boban, Baggio: “Non meritavo di stare in mezzo a quei campioni. Avevo ancora un anno di contratto col Torino, dove avevo vinto la Coppa Italia. Potevo usare l’interesse dei rossoneri come leva per un rinnovo e diventare una bandiera. Ma il mio procuratore, Oscar Damiani, badò più alla sua parcella che al mio interesse. Galliani voleva prendere uno fra il sottoscritto e Sandro Cois e Damiani, senza appuntamento, si precipitò al Filadelfia dopo un allenamento per parlare con me. Avevo 24 anni, ti chiama un club così, come facevo a dire di no? Doveva essere lui a farmi ragionare. Dopo 10 anni di procura mi ha scaricato sulle rotaie del tram, a Milano, come un barile. Ormai ero diventato un pesce troppo piccolo per lui. Rispetto e valori mancavano anche nel calcio di allora”.
Ulteriore rimpianto: “La traversa a un minuto dalla fine nella finale di Coppa Uefa contro l’Ajax. Colpo di testa di Mussi, mezza rovesciata, la prendo di collo pieno, passa sotto la gamba di De Boer, poi il legno, il terzo della nostra partita. Avrebbe cambiato la storia del Torino e anche la mia. I tifosi mi avrebbero fatto una statua di marmo».