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Cardinale: «In Europa danno più importanza alla performance che all’entertainment»

Dagli States: «Non ci può essere un’americanizzazione totale. Possiamo aiutare gli europei a diventare più efficaci nel generare più capitale da reinvestire»

Cardinale: «In Europa danno più importanza alla performance che all’entertainment»
Mg Milano 03/09/2022 - campionato di calcio serie A / Milan-Inter / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Gerry Cardinale

Gerry Cardinale, fondatore di RedBird, nonché proprietario del Milan, è stato ospite della “19th annual MIT Sloan Sports Analytics Conference“, un evento presentato da Espn e 42 Analytics. Cardinale è intervenuto durante il panel intitolato “Costruire imperi sportivi con un taglio imprenditoriale”. E già che Cardinale parli durante un panel di questo tipo è piuttosto indicativo.

Il proprietario del Milan ha scelto di non rispondere a domande riguardanti il club né ha fatto alcun riferimento ai rossoneri. Le sue dichiarazioni riportate da MilanNews rivelano però la visione che ha Cardinale del calcio e dello sport in generale. È un imprenditore, lo dice a chiare lettere: i risultati sportivi non lo interessano, conta di più generare valore. Ergo, fare i soldi.

«Investo nello sport e nell’entertainment da 25 anni. Ho il vantaggio di aver investito in questi settori prima che diventassero un “asset class”. Quello di cui ha bisogno lo sport non sono “asset manager” che finiscono nella loro struttura, ma imprenditori e uomini d’affari. […] La mia visione è che bisogna utilizzare i capitali, combinandoli con una struttura di business collaudata, che aiuti i right holders nello sport. Ho aiutato gli Yankees a costruire del business intorno alla loro proprietà intellettuale. Abbiamo avuto partnership con squadre e leghe e le abbiamo aiutate a costruire giri d’affari di valore intorno alle loro proprietà intellettuali. È una situazione win-win».

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Cardinale: «In Europa non ci può essere un’americanizzazione totale»

Lo sport (e il calcio) è comunque un settore ad alto rischio:
«Nello sport, dal punto di vista della monetizzazione e del consumo del contenuto quando vado a fare un investimento mi chiedo: perché questa cosa ha motivo di esistere? Qual è la sua “value proposition”? Dal punto di vista del calcolare i rischi diciamo ai detentori di diritti di venderli su una scadenza a lungo termine, al resto ci pensiamo noi. Nel 2001 con YES Network, io ero un ragazzino di 33 anni, abbiamo firmato un accordo, il giorno prima dell’11 settembre, e tutto quello che ho dovuto fare è stato mostrare che possedevo il 40% di proprietà intellettuale dei New York Yankees. Ho ottenuto un accordo di 42 anni sui diritti media: allora è stato l’accordo di questo tipo più longevo ad essere mai sottoscritto. Espn ad esempio si muoveva sui 4 o 5 anni».

Le differenze tra lo sport in America e in Europa.
«In America c’è un’accettazione maggiore per quanto riguarda argomenti come l’integrità dello sport e della competizione, o l’aspetto dell’entertainment sull’evento live. In Europa e a livello internazionale invece si dà molto più importanza alla performance sul campo che all’integrità dello sport. Sono più agguerriti su questo aspetto rispetto a quanto succede negli Stati Uniti. Quello che succede ora è che i soldi hanno “scoperto” lo sport: non è un caso che ci sia stato il caso Super League. I diritti TV stanno salendo (di costo, ndr) ad una velocità così alta che i vari distributori vogliono trasmettere solo gli eventi migliori.

Non vogliono le squadre minori, e questo è un problema. La possibilità che una delle squadre sulla carta inferiori possa arrivare al livello di una big è fantastico, è quello che rende il tutto così appetibile e di valore. Quindi la domanda è: “Come rendi queste leghe e queste squadre più efficaci e autosufficienti per affrontare questo tipo di tendenza (sui diritti tv, ndr)?”. Non ci può essere un’americanizzazione totale sul fenomeno, ma ci sarebbero comunque dei benefici. Possiamo aiutare gli europei a diventare più efficaci nel generare più capitale da reinvestire nuovamente così da essere più competitivi».

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