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Il fratello di Sinisa Mihajlovic: «Credo che in Italia non si sia mai capito cosa sia stato Sinisa per il nostro Paese»

Oggi avrebbe compiuto 56 anni. Alla Gazzetta: «Non mi faceva toccare mai i palloni. Li curava come figli, alcuni li usava solo sull’erba per non farli sbucciare. Come le ginocchia dei bambini»

Il fratello di Sinisa Mihajlovic: «Credo che in Italia non si sia mai capito cosa sia stato Sinisa per il nostro Paese»
Db Bologna 16/01/2021 - campionato di calcio serie A / Bologna-Hellas Verona / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Sinisa Mihajlovic

Oggi Sinisa Mihajlovic avrebbe compiuto 56 anni. Il fratello Drazen lo ricorda con un’intervista alla Gazzetta dello Sport.

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Drazen Mihajlovic: «Non mi faceva toccare mai i palloni. Li curava come figli»

Il primo ricordo di Sinisa:
«Il realtà il primo ricordo non è mio, ma suo. Avrà avuto forse sei anni, io appena due. I miei andavano a lavorare presto e non c’erano soldi per la tata e per consentire a Sinisa di andare all’asilo, così a me la mattina dopo le 6 doveva pensare lui. Per cui usciva di casa, mentre io ancora dormivo, e andava a comprare il latte e il pane per la colazione, ma nonostante facesse già cose da adulto era solo un bambino con tutte le paure di chi ha quell’età. Per cui quando tornava a casa si fermava spalle alla stufa fermo immobile con gli occhi sbarrati a guardare la porta di casa per paura che entrasse qualcuno. Credo che vincere la paura sia stato un esercizio che ha imparato allora. Il ricordo solo mio invece non riguarda un episodio, ma il rumore…».

Rumore?
«Si, delle pallonate che per intere giornate Sinisa scagliava contro la serranda del garage fuori dalla nostra casa. Parecchie volte ha costretto a cambiarla. Mirava agli incroci. Le sue punizioni vincenti sono nate lì, calciando da solo decine di migliaia di volte e facendo imbestialire il nostro vicino, il signor Dragan».

«I palloni non me li faceva mai toccare. Li curava come fossero figli, metteva il grasso la sera per non rovinarli e alcuni li usava solo sull’erba per non farli sbucciare. Come fossero le ginocchia dei bambini. Perciò ci scambiavamo le scarpe».

Avete fatto carriere diverse:
«Io sono entrato in polizia, non avevo la classe di Sinisa, il calcio non faceva per me. Credo che in Italia non si sia mai capito cosa sia stato Sinisa per il nostro Paese pur avendo giocato poco qui. Lui è un mito assoluto, non solo per i tifosi della Stella Rossa e per la vittoria della mitica Coppa Campioni del 1991. La semifinale contro il Bayern con un suo gol qui è considerata tra le partite di sempre».

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