ilNapolista

Bennato: «La Ricordi stracciò il mio contratto, non vendevo. Poi entrai nel giro della sinistra e cambiò tutto»

A La Stampa: «Andavo ai festival dove c’era Lotta continua, Avanguardia operaia: tutta l’intellighenzia di sinistra. La mia carriera svoltò»

Bennato: «La Ricordi stracciò il mio contratto, non vendevo. Poi entrai nel giro della sinistra e cambiò tutto»

Bennato: «La Ricordi stracciò il mio contratto, non vendevo. Poi entrai nel giro della sinistra e cambiò tutto»

Bella intervista di Edoardo Bennato a La Stampa, a firma Paola Italiano.

«A 18 anni emigrai a Milano per fare Architettura, scelsi Milano per le case discografiche, e dopo 9 anni di gavetta nel
1973 riuscii a fare un album, Non farti cadere le braccia, dove c’erano canzoni conosciute ancora oggi come Un giorno credi
e Rinnegato». 

Negli Anni 70 si pretendeva l’impegno, vi volevano schierati: lei come li viveva?
«L’importante è dire quello che pensi nelle canzoni e non fare comizi, come quel Ghali, che peraltro è già meno peggio di tanti altri che fanno canzoni senza senso – almeno per me. Una certa fazione politica utilizza questi personaggi».

Ce l’ha con la sinistra: lei è di destra?
«No, veramente io la patente per fare questo mestiere l’ho avuta dalla sinistra a Civitanova Marche».

Cioè?
«Nel’73 uscì il mio album e pensavo di avercela fatta. Ma dopo due settimane mi chiama il direttore della Ricordi e dice: “Nessuno lo compra perché la regola fondamentale di questo mestiere è la promozione. Quelli della Rai hanno detto che la tua voce è sgraziata, sgradevole. Il contratto è sciolto”. Ho imparato che in questo mestiere non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che tu riesci a imporre attraverso la promozione».

Lei alla fine ci è riuscito.
«Mi giocai l’ultima carta. Andai a Londra. Con chitarra, armonica, kazoo, tutto da solo feci dei pezzi punk».

Bennato e Berlinguer alla Festa dell’Unità

Ante litteram.
«Il punk è un modo di fare musica nevrotico, schizofrenico. Tornai e mi piazzai di fronte alla Rai a cantare, da lì passavano gli addetti ai lavori. Mi presentarono al direttore di Ciao 2001 che allora era il vangelo delle nuove generazioni. E lui mi mandò al Festival di Civitanova Marche. Lotta continua, Avanguardia operaia: c’era tutta l’intellighenzia di sinistra. E da lì mi iscrissero a tutti i festival e raduni collettivi della sinistra. Loro sono stati in grado di farmi diventare una leggenda. Il capo della Ricordi mi chiese “Come hai fatto?”. E io: “Semplice: mi sono fatto raccomandare dalla sinistra”».

Uno di sinistra questo non lo direbbe.
«Nel 1977 mi chiamarono per la Festa dell’Unità a Modena. Avevo pubblicato Burattino senza fili: da avanguardia diventai nazionalpopolare. Solo che mi feci male giocando a calcio e tutta l’estate restai fermo con il gesso. E così lievitò l’interesse per me».

Che c’entra la Festa dell’Unità?
«Mi chiamò il Pci. A Modena sul manifesto c’era scritto: ore 19 Edoardo Bennato, ore 21 Enrico Berlinguer. Al pomeriggio arrivò Berlinguer. Aveva un vestito celestino, era simpatico, fortissimo. Mi disse: “Possiamo fare il contrario? Io parlo alle 19 e lei suona alle 21”. Questo perché erano arrivati 3-400mila ragazzi da tutto il Nord Italia». 

ilnapolista © riproduzione riservata