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Lippi: «Non sono mai stato quello che scriveva schemi e moduli. Gli scienziati ci sono sempre stati»

A Sportweek: «Io non ero fissato. Mio padre era antijuventino. Andai sulla tomba a dirgli: “Papà mi spiace ma io vado alla Juve”»

Lippi: «Non sono mai stato quello che scriveva schemi e moduli. Gli scienziati ci sono sempre stati»
Db Milano 30/04/2015 - Expo 2015 / The Opening / foto Daniele Buffa/Image nella foto: Marcello Lippi

Marcello Lippi, ct della Nazionale 2006 e allenatore che ha portò la Juve di Vialli a vincere la Champions, ha rilasciato una lunga intervista a Sportweek.

Il suo attore preferito?
«De Niro. E un italiano: Alberto Sordi».

Da Sordi italiano medio a Lippi con la Coppa in mano a Berlino: il passo è lungo.
«Mai e poi mai avrei pensato di vincere il Mondiale. Sono sempre stato realista. Volevo far bene, dai giovani della Samp alla Juve ho sempre allenato per vincere. Ma il Mondiale, su…».

Però i suoi giocatori hanno detto che, alla prima seduta a Coverciano, lei li ha stupiti così: «Siamo i più forti e vinciamo il Mondiale». L’hanno presa per matto.
«Dovevo trasmettere la mia voglia. Diciamo che sono stato esageratamente ottimista, ma di parola».

L’Italia è diventata la “Squadra”, un blocco unico, e nessuno più l’ha preso per matto…
«Abbiamo creato un grande gruppo di uomini.Senza sarebbe stato impossibile».

Persone importanti nella sua vita?
«Fulvio Bernardini è stato importantissimo. Aveva stima enorme per me. Il presidente della Samp Paolo Mantovani. Ciro Ferrara. Luca Vialli, un uomo vero. Straordinario. E tanti altri».

Lippi: «Dovevo andare all’Inter, poi arrivò la chiamata di Moggi»

Compreso suo papà, grande tifoso e antijuventino.
«Andai sulla tomba a dirgli: “Papà, mi spiace, ma io vado alla Juve”. Ho fatto bene, avrà capito. La Juve è speciale».

Doveva andare all’Inter…
«Sono a Napoli. Ho parlato con il presidente Pellegrini, mi vuole l’Inter, ma devo aspettare: la moglie era appassionata di calligrafie. Passa del tempo e mi chiama Moggi. Dice (imita la voce): “Vediamoci domenica dopo Roma-Napoli. C’è una squadra a strisce bianconere che ti vuole”. E io: “A Cesena sono già stato, quindi Udinese o Ascoli…”.Vado a casa degli Agnelli, ci sono lì Umberto, Moggi, Giraudo e Bettega. Pellegrini, un signore, ha capito».

Allegri le è sempre piaciuto.
«Sì, mi sono rivisto in lui per carattere, elasticità, origini.Conte è un grandissimo anche lui. Trapattoni era un modello».

E poi l’allenatore. Aveva il fuoco sacro?
«Non sono mai stato quello che scriveva schemi e moduli, non ero fissato. Gli scienziati ci sono sempre stati, anche ai miei tempi. Volevo trasmettere ai giocatori il senso di fare squadra e vincere perché erano bravi loro, non io».

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