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Schnellinger: «Beckenbauer era un leader nato. La sua classe e la sua tecnica gli avrebbero permesso di giocare in qualsiasi ruolo»

Alla Gazzetta: «Avrebbe potuto giocare anche oggi, perché aveva una concezione del calcio sempre all’avanguardia»

Schnellinger: «Beckenbauer era un leader nato. La sua classe e la sua tecnica gli avrebbero permesso di giocare in qualsiasi ruolo»
Germany's soccer star and team captain Franz Beckenbauer receives the World Soccer Cup won by his team after a 2-1 victory over Holland 07 July 1974 at Munich's Olympic stadium, as West Germany president Walter Scheel (L) applauds. Franz Beckenbauer, le capitaine de l'Èquipe d'Allemagne, reÁoit la Coupe du Monde de Football 1974, ‡ Munich le 07 juillet 1974. (Photo by AFP)

Karl Heinz Schnellinger, ex calciatore tedesco, ricorda il compagno di squadra in nazionale Beckenbauer in una intervista alla Gazzetta dello Sport.

Quale potrebbe essere la definizione ideale per lui?
«La prima che mi viene in mente è il suo soprannome, molto azzeccato: il Kaiser. Era un leader nato, fin da giovane si capiva che avrebbe sfondato. Kaiser dice tutto, senza esagerare. Franz era un trascinatore, comandava senza bisogno di urlare. Bastava seguirlo per capire come ti dovevi muovere. E lo dico io che sono nato qualche anno prima di lui (sei, ndr). Era uno del quale ti potevi fidare, una persona seria».

Che cosa vi ha legato di più in nazionale?
«Non c’è soltanto un ricordo, mi resta il legame molto forte nelle due avventure che abbiamo vissuto insieme in Inghilterra prima e in Messico poi, con rappresentative che alla fine non hanno avuto la fortuna che avrebbero meritato. Squadre molto forti, arrivate tutte e due in fondo».

Lei ha giocato con il Beckenbauer centrocampista, nel 1966 fino alla finale persa contro l’Inghilterra, e con il Beckenbauer libero moderno, nel 1970 in Messico con la semifinale persa contro l’Italia. In cosa si distingueva nei due ruoli?
«Franz avrebbe potuto giocare dappertutto. Aveva una tecnica e una classe che gli avrebbe permesso di rivestire in qualsiasi parte del campo ogni ruolo. Tutti trovano naturale classificarlo come il classico libero, ma aveva anche una postura particolare e certe movenze che lo avrebbero aiutato anche come attaccante. E infatti ha segnato tanti gol, pur schierato indietro».

Qual è stato il giorno memorabile per voi due insieme?
«Sembrerà strano, ma la giornata da matti contro l’Italia resta quella che ci è rimasta più impressa, anche se stiamo parlando di una sconfitta per noi, per di più agli sgoccioli. È stato uno dei capitoli del calcio più tormentati e raccontati, coma fai a non ripensarci sempre? Alla fine, il sentimento più bello in comune è stato l’orgoglio di rappresentare il nostro Paese, essere nella squadra che tornava a lottare alla pari con le grandi»

Un’immagine indelebile è Franz che si gioca la Coppa Rimet con la spalla fasciata. In che posto lo colloca tra i campioni di tutti i tempi? È stato il difensore più forte in assoluto?
«Guardate, io non so mai come regolarmi di fronte a certe graduatorie, quando si confrontano i fuoriclasse delle diverse epoche. Si può dire tutto e il contrario di tutto. Io penso soltanto che uno come Beckenbauer avrebbe potuto giocare anche oggi, perché aveva una concezione del calcio sempre all’avanguardia e lui non si tirava mai indietro di fronte alle novità. Di sicuro Franz è tra i grandissimi in Germania e in tutto il mondo è un idolo totale».

Che cosa ci lascia Beckenbauer?
«Una grande lezione di calcio. A chi non lo conosce tra i più giova-ni, suggerisco di guardarlo nei filmati dell’epoca. Basta ammirarlo lì per intuire che è un modello im-mortale. Se uno cercherà di imi-tarlo, non sbaglierà di sicuro.
Grande Franz».

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