Mascherano: «Guardiola ci diceva: io preparo le partite per Messi, poi le soluzioni le trovate da soli»

A La Nacion: "L'eccellenza diventa una malattia, il giocatore lo fanno i compagni: più sono forti più giochi meglio tu"

Mascherano

Mg Berlino (Germania) 06/06/2015 - finale Champions League / Juventus-Barcellona / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Lionel Messi-Javier Mascherano-Luis Suarez

Dice Mascherano: Guardiola al Barcellona diceva sempre: «io preparo le partite in modo che Messi trovi gli spazi, ma poi le soluzioni le trovate voi». Alcuni giocatori trovano soluzioni a cui non avevi nemmeno pensato. E se l’avversario blocca il piano A, trovano il piano B e il piano C. Questa è l’abilità del giocatore superiore, e ho avuto la fortuna di essere partner di più campioni allo stesso tempo”.

Mascherano tormentone del Napoli

Javier Mascherano – per alcuni anni, un tormentone a Napoli – era umile in campo, ed è un manifesto di umiltà quando risponde a La Nacion in un’intervista, lunghissima, che ha passaggi molto interessanti. In particolare quando parla della vera essenza del gioco di squadra, e quando parla di Guardiola, appunto.

“L’altro giorno stavo ripassando chi sono stati i miei compagni di squadra e ne ho avuti tanti. Soprattutto, ho avuto persone molto brave nella mia posizione. Direi i migliori: Xabi Alonso, Xavi, Busquets, Iniesta, Gerrard… e quando sono arretrato, anche grandi difensori della Nazionale come Ayala, Heinze, Milito, Samuel. E nel Barcellona Puyol e Pique, e Sami Hyypiä, che era una star totale e già grande al Liverpool. E avanti, beh, Leo, Suárez, Neymar, Fernando Torres, Tevez, Higuaín, Agüero… tutti. Ne ho abbastanza per mettere insieme una squadra. Tutti i giocatori con la capacità di trovare soluzioni”.

Il livello del giocatore ha a che fare con chi ti circonda; con compagni migliori, il tuo livello aumenterà. Ero un giocatore molto migliore a Barcellona che in Cina, questa è la realtà. È un gioco collettivo. Quando non hai più giocatori diversi intorno a te, forse inizi a fare cose che non sai fare. E tu non sei all’altezza. Dedichi le tue energie a fare cose che fino ad allora erano insolite e smetti di fare le cose che sai fare meglio”.

Guardiola per Mascherano

Guardiola per Mascherano “è l’unico capace di smontare tutto e cominciare a mettere insieme qualcos’altro, propone l’evoluzione del calcio perché costringe gli altri in continuazione a provare a contrastarlo. Perché l’eredità più grande di Guardiola non sono i titoli, ma l’aver cambiato la cultura calcistica di due paesi. E lo ha fatto in due club dove, per di più, era obbligato a vincere”.

Tutti vogliamo vincere, ma ciò che dà senso al calcio è vivere i momenti. Non mi pento di aver giocato la finale mondiale, a parte averla persa, perché so cosa si prova a giocarci. E attenzione, non mi sto prendendo in giro: c’è una bella differenza tra vincerla o perderla, ma mi limiterò alle parti positive. L’unica cosa che mi è mancata è stata giocare una finale di Copa Libertadores, poi ho giocato tutte le altre finali. E mi posso lamentare? Merda, amico… ne voglio di più? E perché? Sarò sempre Mascherano. I contatti che appaiono sul mio cellulare sono solo un esempio. Ho un ottimo rapporto con Guardiola, Rafa Benítez e Luis Enrique e parlo con tutti e tre, ma mi vergogno a chiamarli. Quello con cui parlo di più è Pep”.

Odia sentirsi “leggenda” del calcio

Odia sentirsi “leggenda” del calcio, “perché individualmente c’erano molti giocatori migliori di me. Io ho vinto due Champions al Barcellona, e Ronald Koeman ne ha vinta una, ma lui è molto più importante di me a Barcellona. E Rivaldo. E Ronaaaaaaldo è passato dal Barcellona. Ho avuto la fortuna di passare per una squadra magnifica e, al massimo, senza sottovalutarmi, il mio unico merito è stato quello di osare, di lasciare le comodità del Liverpool, dove sapevo che sarei sempre stato titolare, per trasferirmi al Barcellona. Mi sono adattato, sono cresciuto, ok… ma non cambiava molto se al posto di Mascherano c’era qualcun altro, il destino del Barcellona non è cambiato, non illudiamoci”.

Mascherano dice che l’eccellenza diventa patologica, una malattia. “Arriva un momento in cui non competi più contro l’altro, ma competi contro te stesso. Pratichi uno sport di squadra, ma gareggi individualmente perché dietro di te c’è una lunghissima fila di giocatori che vogliono il tuo posto. Quindi non puoi mai essere negligente, ma se esageri, sì, ti farà star male. Perché quando appare l’ossessione, il divertimento scompare. Nel mio ultimo anno e mezzo a Barcellona, ​​già cercavo gli errori in ogni mia giocata… E devi capire che questo è un gioco di errori, e a volte quegli errori sono causati dall’avversario a causa le dinamiche stesse. Voler trovare la spiegazione, la responsabilità e la soluzione per ogni giocata ti fa star male. Ho cominciato a rendermi conto di tutto questo e in qualche modo ho causato la mia partenza dal Barcellona, ​​quando mancava un anno e mezzo di contratto e il club voleva che restassi. Volevano che restassi anche perché ero influente nello spogliatoio, diciamo. E ho sempre creduto che il giocatore sia importante quando gioca, perché quando non giochi più c’è poco da fare”.

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