Il direttore del Corriere dello Sport: “Fondamentale sarà la posizione dei club inglesi, oggi indebitati più di quanto vogliano fare sapere”

Superlega, i club obbediscono alla Uefa e dicono. Ma quando arriveranno i soldi veri… Lo scrive Ivan Zazzaroni direttore del Corriere dello Sport che commenta la sentenza di ieri della Corte di Giustizia europea.
A22 (la società della Superlega, ndr) è convinta di poter partire nel settembre del prossimo anno o, al massimo, nello stesso mese del 2025. Tutti gli scenari sono a questo punto ipotizzabili. Fondamentale sarà, immagino, la posizione dei club inglesi, oggi indebitati più di quanto vogliano fare sapere. Se decideranno di proseguire da soli rischieranno di essere fagocitati dai sauditi; se, invece, riprenderanno il dialogo con i superleghisti il torneo alternativo alle coppe partirà.
PS. Da ieri pomeriggio, su “invito” degli uefamen, decine di club stanno comunicando che non lasceranno il governo del calcio europeo e l’Eca. Quando il denaro busserà, le porte si spalancheranno… Dio regna nei cieli, il denaro sulla terra.
De Laurentiis, la Superlega e il potere nel calcio. Ne parla nell’intervista al Corriere dello Sport.
Per Aurelio De Laurentiis la sentenza della Corte di giustizia europea è un «cambiamento epocale». Lo ripete almeno tre volte in una chiacchierata di mezz’ora negli uffici di Palazzo Bonaparte, dov’è ubicato il quartier generale della sua Filmauro. «La posizione dominante di Uefa e Fifa, che oggi l’Europa censura, è servita a elargire bonus in cambio di consenso – dice -. Chi ha governato fin qui da monopolista non ha compreso che il calcio è un’impresa e ha bisogno di fatturati crescenti. Se io investo centinaia di milioni per partecipare a un circo che distribuisce noccioline, non fa utili e mi costringe a giocare sempre di più per tenere in piedi un carrozzone improduttivo, il gioco non vale la candela».
Se penso che Lotito mi crea un danno enorme, vendendo le partite per cinque anni agli stessi interlocutori che forse alla scadenza del contratto non esisteranno più sul mercato. E le vende a un prezzo inferiore dell’ultimo triennio…».
Non si sono fidati di lei? Hanno pensato che volesse egemonizzare l’affare?
«Ma no. Se non fosse stato per il covid, io sarei stato più in America che qui. Il fatto è che non hanno esperienza della creatività dell’audiovisivo. Non sanno come si costruiscono i contenuti su un piano editoriale. Non è il loro mestiere e quindi navigano al buio. Perciò questa svolta è doppiamente importante».
Perché? Si spieghi meglio.
«Perché a catena molte croste sono destinate a saltare. Nel 1986 c’erano sedici club. Oggi sono venti e le entrate sono diminuite, anziché aumentare. Finché non si stabilisce che la maggioranza si calcola con il voto ponderale dei club, cioè dando più peso a chi fattura di più, nulla cambierà. Le piccole continueranno a egemonizzare la Lega con una logica sparagnina, perché il loro unico obiettivo è evitare la retrocessione. Questa sentenza ci esorta a cambiare regole».