ilNapolista

Gino Paoli: «Lucio Dalla figlio di Padre Pio? È possibile, la madre lo lasciava tre mesi in convento da lui»

Al Corsera: «Il suicidio di Tenco? Un colpo di teatro non riuscito. Andava molto una droga svedese, il Pronox, che ti dava un senso di sdoppiamento»

Gino Paoli: «Lucio Dalla figlio di Padre Pio? È possibile, la madre lo lasciava tre mesi in convento da lui»

Gino Paoli: «Lucio Dalla figlio di Padre Pio? È possibile, la madre lo lasciava tre mesi in convento da lui». Gino Paoli intervistato da Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera.

Nell’anno in cui uscì la canzone forse più bella mai scritta da un italiano, lei si sparò al cuore.

«Avevo tutto, e non sentivo più niente. Le due donne più belle d’Italia, Ornella Vanoni e Stefania Sandrelli, erano innamorate di me. In garage avevo una Porsche, una Ferrari e una Flaminia Touring. Cos’altro potevo avere? Volevo vedere cosa c’era dall’altra parte».

Perché scrive che lo spettacolo è un mondo di m.?

«Perché è tutto apparenza. Oggi peggio di ieri. Ieri avevamo Mina e la Vanoni. Oggi emergono le cantanti che mostrano il culo».

Torniamo alla notte dell’11 luglio 1963. Perché si sparò al cuore?

Gino Paoli: «Provo con i barbiturici, il Nembutal, annaffiati con il calvados, ma non mi fanno niente. Penso di gettarmi di sotto; ma non voglio dare a mia madre il dolore di vedere un figlio straziato. Mi ricordo di avere due pistole. Faccio le prove sparando con la Derringer calibro 5 dentro un libro bello spesso, e vedo che il proiettile entra in profondità. Così mi corico sul letto, e mi sparo. Non alla testa, sempre per non dare quel dolore a mia madre. Al cuore».

Come è sopravvissuto?

«Il proiettile si fermò nel pericardio. È ancora lì, e mi tiene compagnia; ha anche smesso di suonare al metal detector. Meglio così. Ogni volta spiegavo: ho una pallottola nel cuore. E nessuno mi credeva».

Chi venne da lei in ospedale?

«Ho una foto con Rita Pavone e Teddy Reno al mio capezzale. Ornella passò di notte, per non dare nell’occhio. Nel corridoio Luigi Tenco ripeteva sconsolato: non si fanno queste cose…».

Si disse che lei si era sparato perché aveva scoperto la storia tra Tenco e Stefania Sandrelli.

«Quello accadde dopo. Luigi mi telefonò: “Sono a letto con Stefania”. La presi malissimo e ruppi con entrambi. Se non l’avessi fatto, lui sarebbe ancora vivo. Quella sua telefonata non nasceva da una vanteria maschile, ma da un senso di protezione. Tenco era legatissimo alla mia prima moglie, Anna. Era il suo modo di dirmi che Stefania non era la donna giusta per me».

Che idea si è fatto della morte di Tenco?

«Un colpo di teatro non riuscito. Come se avesse voluto imitare me: spararsi, e restare vivo. Andava molto una droga arrivata dalla Svezia, il Pronox, che ti dava un senso di sdoppiamento, come se non fossi più responsabile di te stesso… Appena arrivò la notizia mi precipitai a Sanremo. Il festival andava fermato; e se fossi stato in gara sarei riuscito a fermarlo. Incontrai Lucio Dalla, e lo attaccai al muro».

Perché?

«Avrebbe dovuto ritirarsi. Tanto più che la sua canzone si intitolava “Bisogna saper perdere”. E tanto più che tutti collegavano Lucio a me».

Dalla in effetti ha sempre riconosciuto che fu lei a convincerlo a cantare.

«Avevo semplicemente capito che era un genio. D’estate giravamo a torso nudo su una decapottabile, e si formavano resse per vederci: entrambi pelosissimi, non eravamo un bello spettacolo. Dividevamo la stanza, a volte il letto, senza che mi sia mai venuto il dubbio che Lucio fosse omosessuale. La prima volta che lo portai in uno studio discografico, chiese di abbassare le luci. Nella penombra lo vidi cantare nudo, con le mutande in testa».

Guccini racconta che a Bologna girava una voce: Dalla era figlio di padre Pio.

«Secondo me è davvero possibile. Di sicuro la madre lo lasciava tre mesi all’anno in convento da padre Pio»

ilnapolista © riproduzione riservata