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Sarri: «il calcio è un mondo di slogan e luoghi comuni, come il sarrismo che io non so cosa sia»

A Repubblica: «non devo fare quel calcio lì per forza, anche se la gente pretende da me sempre la stessa maniera di giocare. Un errore tornare in Italia»

Sarri: «il calcio è un mondo di slogan e luoghi comuni, come il sarrismo che io non so cosa sia»
Db Napoli 26/01/2020 - campionato di calcio serie A / Napoli-Juventus / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Maurizio Sarri-Lorenzo Insigne-Mario Rui

Sarri: «il calcio è un mondo di slogan, come il sarrismo che io non so cosa sia». Lo dice a Repubblica che lo ha intervistato.

Quante partite un calciatore dovrebbe fare, in un anno?

«Al massimo 50. Si potrebbe almeno cominciare dalle piccole cose, tipo rinunciare alle tournée estive eriportare la Coppa Italia ad agosto anche per le grandi, facendole giocare sui campi delle squadre di Serie C, che così farebbero incassi per campare tutto l’anno. Ma di sicuro ci direbbero che c’è un problema di ordine pubblico per cui la Juve non può andare a Campobasso. La Coppa Italia è un evento clandestino cucito su misura per l’audience televisiva degli ultimi turni. Ma il calcio non è questo, è il Bayern che perde con una squadra di C».

Lei è così tradizionalista, eppure si è imposto con la modernità delle idee: non è una contraddizione?

«Un conto sono le tradizioni, un altro l’interpretazione del gioco. Io cerco di trasmettere ai miei giocatori anche l’aspetto culturale, perché conoscere il passato del club, dell’ambiente e dei vecchi giocatori ti arricchisce.
Siamo la somma di una storia individuale e collettiva».

Sarri, chi le ha messo in testa certi tarli?

«Sono un autodidatta che ha imparato a furia di schiaffi sul viso e di lezioni prese. Il sarrismo fatico a comprendere cosa sia, ma tanto è un mondo di slogan, di etichette e luoghi comuni e allora teniamoci il sarrismo».

Ma esiste o no, ‘sto sarrismo?

«Se ci riferiamo agli anni di Napoli, io non posso e non devo fare quel calcio lì per forza, anche se la gente pretende da me sempre la stessa maniera di giocare. Avere dei palleggiatori non è come avere dei contropiedisti, mi devo adattare, la Lazio non potrà mai essere come il Napoli. Prendiamo Immobile: deve attaccare la profondità e non giocare contro le sue qualità migliori. L’altro giorno mi ha chiesto: mister, cosa devo fare per tornare come prima? Gli ho risposto: fai quello che hai sempre fatto, non venire incontro alla palla, continua a scavare la difesa avversaria, a giocarle addosso». 

Sarri:

«Alla Juve tutto era dovuto e dovevamo solo vincere la Champions, ma era un messaggio inquinato. Ho vinto lo scudetto con un gruppo a fine ciclo e una società che ha preso me perché aveva la voglia ma non la convinzione di cambiare stile. Nel Chelsea ho fatto fatica io a calarmi in un club atipico, senza ds, dove nessun allenatore riusciva a resistere due anni. Però poi negli ultimi mesi mi sono divertito e ho sbagliato a voler venire via, non tanto dal Chelsea, che mi avrebbe anche tenuto, ma dalla Premier, un contesto di bellezza unica. Tornare in Italia è stato un errore».

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