Per De Laurentiis la sua colpa è non aver spiegato a Garcia come far giocare il Napoli
Questo è stato il mea culpa del presidente: non aver fatto anche l'allenatore dopo il direttore, il chief negotiator e tutto il resto
Napoli 19/06/2023 - conferenza stampa presentazione nuovo allenatore Napoli Rudi Garcia / foto Imago/Image Sport
nella foto: Rudi Garcia-Aurelio De Laurentiis ONLY ITALY
La definizione è attribuita ad Albert Einstein: “pazzia è fare continuamente la stessa cosa aspettandosi risultati diversi”. Mi è tornata in mente in questi giorni nel tourbillon di notizie a proposito del possibile licenziamento di Garcia e mi ha colpito un’affermazione del presidente, che ha si assunto piena responsabilità della situazione, ma ha chiarito che la sua grande colpa è stata non aver affiancato l’allenatore con più frequenza e intensità. Pensateci un attimo: la mia “colpa” (le virgolette sono ironiche…) è di non averti detto cosa fare, chi schierare in campo e con quale modulo, di non averti tormentato con la mia ingombrante presenza, di non averti aggiornato sull’evoluzione del calcio italiano e della serie A in particolare, visto che venivi da un periodo in cui avevi vissuto sotto una pietra, senza possibilità di informarti, di leggere, di guardare partite del campionato.
Se un datore di lavoro assume un dirigente, non gli si mette accanto ogni giorno a vedere quello che fa, non gli fa una testa così con le sue (sue del datore di lavoro) idee e indicazioni. E questo perché si suppone che, dopo aver raccolto dati, appropriate informazioni e referenze, dopo interviste strutturate e collegiali, ha deciso che quella era la persona adatta per la posizione da ricoprire. E serve a poco dire, ex post, che altri candidati – presumibilmente più affidabili – avevano rifiutato l’incarico. Quindi l’errore, ammesso che ci sia, è non aver fatto ancor più da protagonista, non essere stato anche allenatore, oltre ad essere stato direttore sportivo, uomo immagine, notabile cittadino e chi più ne ha più ne metta. Una assunzione di responsabilità, insomma, che traballa pericolosamente.
La delegittimazione di Garcia e la “scommessa-Conte” vanno nella stessa direzione: tranquilli, aggiusto tutto io con una telefonata e una rapida negoziazione, non sono forse anche il Chief Negotiator?
Del resto, più o meno una settimana prima c’erano state le scuse-non scuse dopo lo sfortunato incidente di Osimhen paragonato a un coconut su un social account del Napoli, condannato dappertutto tranne che a Napoli.
Le scuse sono di tre tipi. Quelle dirette e sincere: ho sbagliato, ti chiedo scusa. Punto; quelle condizionali: nel caso – improbabile, bada bene, – che tu ti sia offeso, mi dispiace, non volevo; infine quelle di chi non sbaglia mai, di chi ha ragione per principio: non avevamo intenzione di offendere, quindi se ti sei offeso, peggio per te. Queste sono state le scuse del Napoli, ignorando che il percepito dell’offeso è fondamentale. E questa è una delle prime cose che si imparano in un ambiente internazionale: le battute a sfondo sessuale, gli ammiccamenti, le allusioni e anche le prese in giro vanno valutate dal punto di vista di chi le riceve, che è l’unica cosa da prendere in considerazione. Altrimenti non esisterebbe la definizione legale di “hostile working environment”.
Tutte situazioni che risalgono alla stessa causa, l’incapacità, l’inabilità di accettare che ci sia un errore, che qualcosa non sia stata fatta a dovere, che forse una delega su certe parti del business sarebbe stata preferibile. E quindi l’unico rimedio non è circondarsi di persone capaci a livello professionale, non è rispondere a Thiago Motta “stiamo cercando un ds all’altezza degli obiettivi che abbiamo” (se sono veri gli spifferi di oggi, ma c’è veramente chi ne dubita?), ma rifugiarsi in “more of the same”: ah se avessi fatto ancora di più, se fossi intervenuto di più e più spesso le cose non sarebbero come sono.
di Guido Trombetti - Proviamo a sdrammatizzare in un momento calcisticamente complicato. La settimana torinese farà bene al tecnico e anche ai calciatori. Il Napoli è in corsa ancora per tutto
di Massimiliano Gallo - Lo scudetto arrivò (grazie a Conte) in piena frattura tra tecnico e club, con i calciatori già scontenti. Allegri era sull'uscio ma Adl non se la sentì di andare contro la piazza (che oggi non tollera il tecnico). Il consenso è la patologia del nostro secolo
di Espedito - Comincia un viaggio in quattro puntate sugli orizzonti del Calcio Napoli che ora De Laurentiis vuole trasformare da impresa sportiva a entertainment company globale.
di Venio Vanni - La distanza tra i metodi di Conte e gli agi dei calciatori. Quest'anno il Napoli non ha praticamente mai convinto, tranne che nel secondo tempo contro l'Inter
di Francesca Leva - Quando mi chiede di non andare a scuola, gli rispondo che dovrebbe essere contento di andarci perché è il suo lavoro. Come faccio a raccontargli cosa sta accadendo nel Napoli?
di Massimiliano Gallo - I difetti erano noti già con lo scudetto. È come accusare Obelix di obesità. Il presidente stia attento ai calciatori, già una volta gli fecero perdere un grandissimo tecnico
di Giuseppe Manzo - È un momento complicato ma superabile. Come ce ne sono stati ovunque in tutta la storia del calcio (anche al City di Guardiola). Basta retorica da fine di mondo
Per il Napoli Conte è l'unico a poter risolvere questa situazione e Conte non lascerà la squadra in questo momento perché per lui rappresenterebbe una sconfitta
di Mario Piccirillo - Il sabato di orrendi è stato salvato da Allegri proprio quello del calcio anti-estetico. Altro che cause e risarcimenti, il pezzotto ce l'ha un customer care?
di Cesare Gridelli e Guido Trombetti - Il Napoli non ha un gioco, è andato a Bologna per lo 0-0 sperando in qualche episodio. Il capitano è diventato il punto debole della squadra
di Giuseppe Manzo - Conte dopo la pausa dovrà trovare, come un anno fa, soluzioni inaspettate in una situazione complicata. Ci aspetta un ciclo difficile
di Massimiliano Gallo - Il balsamo della festa ha fatto dimenticare le critiche della passata stagione. Conte ha un’altra forma mentis, ragiona in termini qui sconosciuti. Poi, sbaglia (non sa essere incudine), a volte eccede ma la portata del suo lavoro è sottostimata