Italiano è l’incubo di De Laurentiis. La sua Fiorentina è una squadra, il Napoli non lo è mai stato seriamente, tranne rare occasioni.

De Laurentiis si starà interrogando sulle proprie decisioni in un’estate folle vissuta all’insegna della vanità.
Scrive così il Corriere dello Sport nell’analisi di Antonio Giordano.
Le parole hanno un senso: il Napoli dello scudetto è stato consegnato alla Storia ed è sparito.
E pure le partite ne offrono uno: la Fiorentina entra di slancio nelle pretendenti alla Champions League. Le tante fotografie di un’ora e mezza che sa di calcio o anche no, raccontano realtà che sembrano capovolte e che invece riflettono le verità assolute: la Fiorentina di Italiano è una squadra, il Napoli non lo è mai stato seriamente, tranne rare occasioni. La lezione di Italiano è un saggio d’eleganza, di autorevolezza e la sosta diventa ora un tormento per Garcia, che torna a stare su un filo – chissà quanto esile – perché la rovinosa nottata gli appartiene per intero. La Fiorentina stravince, domina, soffre il giusto contro chi solo a maggio scorso ha stracciato un campionato ed è stato demolito con leggerezza abbagliante: 3-1, aggiungendoci un palo, con il «Maradona» che a Garcia non regala carinerie.
La lezione di Italiano è un saggio d’eleganza, di autorevolezza e la sosta diventa ora un tormento per Garcia, che torna a stare su un filo – chissà quanto esile – perché la rovinosa nottata gli appartiene per intero.
Sulla ripartenza di Parisi (47′ st) che vale il 3-1 di Nico Gonzalez, il festival di Italiano, l’incubo di De Laurentiis, uomo di meditazioni, che dinnanzi a quel Napoli se lo starà chiedendo: perché sta già rischiando di crollare tutto? Perché Rudi?
PAGELLA NAPOLISTA DI GARCIA E DE LAURENTIIS
GARCIA (E DE LAURENTIIS). Anche il Napoli di Spalletti soffriva la Viola “italiana” e cartesiana ma questa è una catastrofe, per giunta arrivata dopo le recenti illusioni. Purtroppo, come detto prima, l’autogestione si è dimostrata fallace e stasera il nichilismo del Violinista genera solo caos e ha la sua nefasta epifania nell’agghiacciante sequela dei cambi. Infierire però è un esercizio crudele, anche perché come noi napolisti indichiamo da mesi nel deserto metropolitano la causa prima non causata di questa catastrofe: il presidente che si fece Imperatore e Masaniello, solingo al comando. Solo che adesso il Divo Aurelio è diventato come Nerone e assiste all’incendio di una squadra gioiello e modello suonando la lira e facendosi dire quant’è bello e quant’è bravo. E qualsiasi soluzione prenderà, sarà solo un palliativo, ahimè. Chissà magari riproporrà i ritiri punitivi, annuncerà per la settantaduesima volta il rinnovo di Osimhen, richiamerà Edy Reja, ripescherà il disoccupato Semplici, farà altri tweet alla Pappalardo, per la serie: “Ricominciamo” – 3
Cambia modulo troppo spesso e si impegola in sostituzioni che sembrano rebus matematici che alla fine non comprende nessuno. Diciamo che siamo ripartiti da Bologna e ci siamo fermati a Firenze. Con l’aggravante che la Fiorentina, che ha riposato meno di noi, non ci fa capire nulla – 4