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Cantona: «Nel calcio di oggi amo solo Guardiola. È un artista, il figlio spirituale di Johan Cruyff» 

Al Guardian: «L’unica cosa di cui sono sicuro sono i miei dubbi: ti danno la possibilità di provare le cose. Il pensiero della morte mi evita di perdere tempo».

Cantona: «Nel calcio di oggi amo solo Guardiola. È un artista, il figlio spirituale di Johan Cruyff» 
Montecarlo ( Principato di Monaco ) 29.08.2019 - Uefa Champions League Draw / foto Norbert Scanella/Panoramic/Insidefoto/Image Sport nella foto: Eric Cantona

Éric Cantona, soprannominato “The King”, da quando si è ritirato dal calcio, ha fatto il fotografo, il pittore, l’attore e ora il cantante. Ha rilasciato un’intervista al Guardian. Discute di politica, mortalità e di Pep Guardiola. E ovviamente di musica. Gli viene chiesto come descriverebbe il suo stile di canto? Cantona risponde:

«Odio quando le persone cercano di essere come qualcun altro. Abbiamo tutti la nostra personalità e non voglio essere come qualcun altro. Ho provato a trovare la mia voce. Non ho mai preso lezioni. E l’ho trovata. Mi sento completamente in connessione con la mia voce. Sono completamente io. Nessuno interferisce con il mio lavoro. Le persone mi aiutano molto e le ascolto, ma alla fine decido tutto io. Sono le mie canzoni e le amo».

Una delle sue canzoni, “I’ll Make My Own Heaven” contiene il testo: “Sono stato eroico, sono stato criminale / Sono stato angelico, sono stato infernale / Mi odi, mi ami”. A Cantona viene chiesto se non sia un testo autobiografico. Ride mentre risponde:

«Completamente».

Ed aggiunge:

«E’ piena di rimpianto: ho fatto alcune cose buone e ho fatto alcune cose cattive. Alla fine, che tu mi odi o mi ami, sono l’unico che può giudicare, perché quello che tu vedi come male forse io non lo vedo allo stesso modo».

Delle sue canzoni Cantona gira anche i video.

«Ho fatto i testi, ho scritto la musica, ho scritto il video e diretto il video. Posso fare tutto tranne essere umile».  

Cantona parla dell’importanza del dubbio.

«L’unica cosa di cui sono sicuro sono i miei dubbi. Il dubbio ti dà la possibilità di provare le cose. Invecchiando, sono diventato solo più sicuro dei miei dubbi, anche più di prima».

Parla anche della morte:

«Se fossimo eterni, non farei così tante cose. Adesso ho 57 anni, non voglio passare del tempo con persone che non mi piacciono. In realtà non l’ho mai fatto. Non voglio perdere tempo. Cerco di sfruttare ogni secondo, con persone che mi ispirano. Penso alla morte in senso buono, perché mi incoraggia a fare le cose oggi piuttosto che domani o la prossima settimana».

Cantona segue il calcio?

«Mi piace Guardiola. È un artista, un creatore. Tutto quello che fa, nessuno l’ha mai fatto prima. È il figlio spirituale di Johan Cruyff. Quello che amo nel calcio oggi è solo il lavoro di Guardiola».

Si preoccupa per l’anima del calcio in un momento in cui i migliori club diventano il giocattolo di persone oscenamente ricche?

«Penso che farei il tifo per una squadra di terza o quarta divisione o non di campionato. Come Ken Loach con Bath City. Con l’anima».

Cantona sarebbe mai entrato in politica?

«No. Mi importa del mondo e ne parlavo, ma mi ha distrutto la salute. Ora preferisco esprimermi nel canto. Penso che sia più forte e più utile che parlare».

È sorpreso da come sono andate le cose per lui dopo il calcio?

«Sì. Penso alla mia vita, la vita di un uomo fortunato che ha avuto l’opportunità di esprimersi in modi diversi. Prima nello sport, ora in qualsiasi tipo di arte. Se non ho la possibilità di esprimermi, preferisco morire. Ho solo bisogno di una sfida. Per sentirmi vivo, ho bisogno di sentire il fuoco dentro di me».

Che domanda si farebbe Cantona?

«A me stesso? Chiederei: quante sfaccettature hai? Perché nella mia vita ho fatto tante cose. Risponderei che ho tante sfaccettature quanti sono i pixel della foto del mio psichiatra».

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