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Busquets: «In partita devi controllare tutto, come negli scacchi. La stanchezza è più mentale che fisica» 

Al Guardian: «Il futuro? Ho tre o quattro opzioni ma nessun programma, non voglio giocare in Europa e rischiare di incontrare il Barcellona».

Busquets: «In partita devi controllare tutto, come negli scacchi. La stanchezza è più mentale che fisica» 
Db Barcellona 12/10/2022 - Champions League / Barcellona-Inter / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Sergio Busquets

Sergio Busquets intervistato dal Guardian. Ha appena lasciato il Barcellona, dichiara di non avere ancora programmi per il futuro.

«Non ho ancora programmi, onestamente. Ho tre o quattro opzioni ma niente di certo ancora. Non voglio giocare per nessuna squadra europea: sarebbe difficile affrontare il Barcellona con qualcosa di serio in gioco e io voglio vivere un’esperienza più serena e rilassata. Vorrei che le cose si sistemassero rapidamente nelle prossime due o tre settimane. La decisione sarà mia e della mia famiglia, solo nostra. Non c’è ancora un piano».

Busquets continua:

«Sto per compiere 35 anni, è il momento giusto. Gli ultimi due o tre anni non sono stati dei migliori. Ero chiaro che volevo finire nel modo giusto: sentirmi ancora importante, giocare regolarmente, sollevare titoli da capitano. Volevo anche un’altra esperienza. Qualunque cosa sia, dovunque sia, con chiunque sia, sarà nuova».

Gli viene chiesto di scegliere una stagione preferita tra le tante vissute. Busquets:

«Quando ho giocato in terza divisione è stato l’anno in cui mi sono divertito di più. Era come giocare con gli amici, senza pressione, senza riflettori, con un allenatore che era il migliore al mondo ma a quel tempo nessuno lo sapeva».

Era Guardiola. Busquets continua:

«Guardiola è speciale, il miglior allenatore che ho avuto. Quello che ha ottenuto è molto difficile. Va in Germania, vince. Va in Inghilterra, vince. Con ottime squadre, sì, ma rende ogni squadra migliore, giocando come vuole. Anche lui si evolve, prova cose nuove: John Stones al centro o il ruolo dei terzini. Pensa sempre: cosa posso migliorare? Quell’anno è stato come fare un Master con Pep: tutto quello che ho imparato, le cose che mi ha insegnato lui, tutto quello che mi ha trasmesso durante gli allenamenti. Ho giocato solo una partita a settimana, mi sono allenato bene. Salire in prima squadra è stato un cambiamento radicale: più tifosi, più rumore, più riflettori, più attenzione mediatica…».

Confessa che non gli piace molto tutto questo.

«Non molto. A poco a poco ho assimilato dov’ero, cosa significava, cosa significa soprattutto per i bambini, e l’ho accettato. Ma all’inizio è stato molto difficile per me. C’è una grande differenza tra quello che c’è in campo e quello che c’è fuori».  

Busquets parla anche di Xavi:

«Come giocatore era una leggenda e da allenatore ha portato entusiasmo e tranquillità al club: siamo in buone mani. È più agitato come allenatore che come giocatore. Non voglio immaginare cosa significhi per il quarto ufficiale! Quando sbagli un passaggio si arrabbia. Scherziamo, ricordiamo i vecchi tempi, ma lui è l’allenatore e noi abbiamo i nostri ruoli. Ma questo l’abbiamo capito benissimo, c’è rispetto e si parla tanto: io sono il capitano. Devi contestualizzare anche ciò che sta facendo. Siamo in una situazione molto diversa come club rispetto a Pep o Luis Enrique. Gli aspetti economici sono diversi e questa è la cosa più significativa quando si tratta di acquistare i giocatori. Quando Xavi riuscirà a procurarsi i giocatori e gli acquisti che desidera per il suo stile, allora vedremo. Non definirei il suo stile uguale a quello di Pep ma è simile: vuole la palla. A poco a poco penso che saremo più simili al Barcellona».

Cosa succede durante una partita? Quali sono i processi mentali che hanno reso Busquets migliore?

«Devi controllare tutto: è come gli scacchi. I tuoi avversari giocano con due attaccanti? Un secondo attaccante? Una linea di tre? Devi sapere dove sono gli spazi, come generarli. Se il tuo terzino attacca, chi deve prendere quella posizione? Devi saperlo, sapere chi c’è. Calcolo tutto: dove sono i miei compagni, dove sono gli avversari, cosa può succedere in una giocata. Una palla vagante, un rimbalzo. Si impara, si studia: lo fai tante volte, e una volta che hai tutto sotto controllo diventa intuitivo. Ma per cominciare devi sapere dov’è tutto, cosa può succedere. Devi essere attento a tutto: questo è il tuo ruolo. Penso sempre. La stanchezza è più mentale che fisica».

Farai l’allenatore?

«Ci proverò. Vorrei prendere il patentino e prepararmi. Ho un’idea. La parte difficile è gestire uno spogliatoio con 25 giocatori, tutti con il loro ego. Mi interessa vedere se riesco a comunicare con loro e convincerli di ciò che voglio».

 

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