Al Messaggero: «Mi piace il cinismo romano, l’ironia di Totò, la cattiveria di Eduardo. Sinner? È un giocatore completo, un campione».

Il Messaggero intervista Adriano Panatta. Una conversazione con l’ex campione di tennis sulla sua carriera, la sua personalità, ciò che gli piace di più o di meno, a tratti leggera e divertente.
Nadal fa una doccia prima di ogni partita. Cosa faceva Panatta prima di entrare in campo?
«Io facevo pipì. Inevitabilmente».
Panatta è sempre pronto alle battute. È come una partita, con le parole al posto delle racchette?
«Sì, è l’improvvisazione. Perché il tennis è improvvisazione, nel senso che ogni palla è diversa dall’altra. E così deve essere anche su un botta e risposta».
L’antagonismo sportivo può trasformarsi in qualcosa di più? Panatta:
«L’antagonismo sportivo nel mio sport, che è individuale, è un confronto tra una persona e un’altra. Non andrei oltre. L’avversario è avversario, va battuto. Poi dopo magari ci vado a cena insieme».
In che cosa consiste la marcia in più per essere un grande campione?
«La marcia in più è tirare la palla lì e la palla va lì dove vuoi».
Le regole del gioco del tennis potrebbero insegnare qualcosa anche su come gestire la propria vita? Panatta:
«Tutte le regole dello sport insegnano a migliorarsi nella vita. Primo, perché sono regole, per cui da bambino impari a rispettarle. Lo sport senza regole sarebbe il caos, come la vita normale».
Qual è una regola dello sport più importante delle altre?
«Essere competitivi, ma avere rispetto dell’avversario».
Qual è nel gioco del tennis la più grande prodezza? Panatta:
«La prodezza consiste nel riuscire a fare una cosa che non si può fare. E che pochissimi riescono a fare. La famosa Veronica era un colpo che nessuno faceva e che io mi sono inventato così, all’improvviso. Però non era per niente intenzionale: io facevo questa cosa, la palla andava lì, e io facevo il punto».
Nel tennis, lo studio della psicologia dell’avversario che importanza ha?
«Tantissima. Con il linguaggio del corpo io capivo il momento in cui l’avversario aveva qualche défaillance o piuttosto che era in esaltazione».
Nello sport in generale, che cos’è imperdonabile?
«Rubare».
La psicologia del campione di che cosa è fatta? Panatta:
«30% di consapevolezza, 30% di conoscenza e 40% di follia».
Panatta dice che il sentimento nel quale si riconosce di più è la generosità:
«perché il primo ad essere contento sei tu».
E sulle tante donne della sua vita: le sono capitate o le ha cercate?
«Il 90% mi sono capitate. Sarebbe presuntuoso dire che ero bello. Diciamo che ero “caruccio”, come si dice a Roma. Però non sono mai stato uno impossibile. Non ho mai messo una barriera tra me e una donna, anzi ci sono state delle donne molto meno belle di altre che mi hanno incuriosito molto di più».
Che cos’è che la fa ridere di più?
«Il cinismo romano, ad esempio Alberto Sordi. Mi piace l’ironia di Totò, la cattiveria di Eduardo o di Paolo Villaggio, di cui ero fraterno amico. Mi piacciono molto gli adulti che fanno cose comiche un po’ infantili, li invidio molto».
Lei si considera un vincente nella vita? Panatta:
«Io mi considero fortunato, non completamente vincente, perché sarebbe arrogante e presuntuoso dirlo. Forse più vincente che perdente».
Sinner a Miami è esploso, anche se ha perso la finale. Abbiamo trovato un nuovo Panatta?
«Non so se abbiamo trovato un nuovo Panatta perché sono passati 50 anni, ma sicuramente abbiamo trovato un nuovo campione. Sinner è un giocatore completo, fra i giovani emergenti. Avrà un grande futuro. È un campione, questo è sicuro».