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“Il problema di Massimo Troisi era la lingua, non si capiva, ci inventammo la ripetizione delle battute”

Il produttore Lucisano a Repubblica: «gli dissi: “se le ripeti tre volte vedrai che ti capiranno tutti”. Quelle ripetizioni divennero un marchio di fabbrica»

“Il problema di Massimo Troisi era la lingua, non si capiva, ci inventammo la ripetizione delle battute”

Repubblica intervista il produttore cinematografico Fulvio Lucisano l’uomo che lanciò Massimo Troisi sul grande schermo.

Lei passa per lo scopritore di Troisi al cinema.

«Me lo fece conoscere Mauro Berardi il produttore cinematografico. Troisi si esibiva al Teatro Tenda con Lello Arena ed Enzo Decaro».

Ebbe subito la convinzione che potesse funzionare anche al cinema?

«Sì, il problema era rappresentato dalla lingua di Massimo. Ricordo che ne parlai casualmente con il mio agente in Piemonte, che mi gelò: “Non lo capisco neanch’io che sono napoletano”».

Come risolveste?

«Mi venne l’idea di fargli ripetere le cose più volte, “se le ripeti tre volte vedrai che ti capiranno tutti”, gli spiegai. Alla fine quelle ripetizioni divennero un marchio di fabbrica».

Com’era Troisi?

«Una persona molto semplice, gradevole».

Era comunque una scommessa?

«Totalmente. Si temeva che al Nord nessuno lo avrebbe compreso. Poi ci trattavano come paria, perché due settimane prima, nel febbraio 1981, era uscito Bianco rosso e verdone, che aveva tutti gli occhi addosso».

Quanto ha incassato “Ricomincio da tre”?

«Quindici miliardi di lire».

Parla anche di Alberto Sordi.

«Sordi era popolarissimo anche in America, la gente lo fermava mentre passeggiava sulla Fifth Avenue. Trascorremmo il Capodanno al Caffè Roma e lì venne a salutarlo Andy Warhol». 

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