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Che nostalgia per la Napoli intellettuale del primo scudetto, così distante dai luoghi comuni

Oggi uno show come quello di Minà e con Troisi e Pina Daniele, sarebbe impensabile. È tutto uno sbrodolare sull’eccezionalità di Napoli

Che nostalgia per la Napoli intellettuale del primo scudetto, così distante dai luoghi comuni

Carissimi del Napolista vi leggo sempre con piacere, ma per la prima volta vi scrivo io. Sono Marcello, ho 30 anni, vivo felice nella mia Napoli e come (quasi) tutti in città aspetto con emozione il terzo scudetto per la città, ma il primo della mia generazione.

Ho rivisto, in questi giorni di commozione per la morte di Mina’, la festa del primo scudetto da lui condotta sulla Rai. Inizialmente, mi sono emozionato immaginando quello che potrà essere la nostra di festa, dopo tanti anni di attesa.
Successivamente è sopraggiunta in me una inattesa voglia di confronto (stranamente sincera visto che in me in questo periodo prevale solo una pazza euforia) tra la città che festeggiava il primo scudetto e quella di oggi.

Mi è quindi venuta una strana sensazione di nostalgia per qualcosa che in realtà non ho nemmeno vissuto. Non malinconia per la città di allora; infatti credo indubbiamente dai racconti dei più esperti ( per non dire anziani) che oggi si viva meglio. Inoltre credo che, nonostante l’epicità irripetibile di Maradona, questa squadra e questa società rispecchino inconsciamente una evoluzione dal punto di vista della società napoletana. O almeno, non avendo vissuto il precedente scudetto, fateci credere così a noi trentenni di oggi e fateci godere il “nostro” scudetto.

Non è nemmeno una nostalgia verso Ferlaino dal momento che personalmente ho sempre riconosciuto a De Laurentiis i suoi grandissimi meriti e nella sua antipatia mi è sempre stato simpatico.

La vera nostalgia nel vedere la festa scudetto con Minà è stata invece quella per un diverso modo di raccontarsi da parte di Napoli. Soprattutto per i personaggi di allora e per il loro modo di essere napoletani.

 

Infatti a quella festa partecipava una Napoli lontana dai cliché, più o meno consapevolmente underground. Troisi che odiando i luoghi comuni finge di essere l’unico napoletano a non sapere dello scudetto è l’emblema di ciò che intendo. La musica era di Pino Daniele (anche lui presente a quella festa) è di per sé un manifesto di una Napoli diversa.

Oggi
, invece, prevale una narrazione di Napoli da parte di artisti e intellettuali (!) napoletani che in realtà è in linea con ciò che quegli artisti ” diversi” detestavano. Oggi (quel che rimane del)la scena culturale e musicale napoletana, invece, è piegata senza problemi all’esaltazione degli stereotipi della napoletanità senza rovesciarli o reinterpretarli. Il mio timore è che se oggi si facesse una trasmissione come quella di allora il cast possa essere fatto di attori di gomorra e marefuori, neomelodici di più o meno basso livello e comici da cabaret al posto di maestri della satira. Dunque tutto ciò che da napoletani si aspetta un nordico! Per non dire di quanto all’epoca fosse possibile far presentare ad un grande non napoletano come Mina’ una trasmissione sullo scudetto del Napoli! Oggi si solleverebbe una rivoluzione popolare!

Tuttavia, rivedendo quello spettacolo della Rai sullo scudetto ho avuto una improvvisa speranza. Ho visto un giovanissimo Enzo Avitabile. Lui può essere considerato un anello di congiunzione tra quel primo scudetto e quello di oggi per una rappresentazione della vittoria degna di ciò che vuole e deve essere Napoli. Che sia dunque affidata a lui, un artista di grandissimo livello l’organizzazione di una eventuale festa del terzo scudetto del Napoli. Lui, conoscitore della musica di ieri e di oggi , in rapporto con nuovi registi di grande spessore come De Angelis organizzi qualcosa di bello, di alto chiamando i tanti e veri artisti e intellettuali napoletani di oggi (penso a Sorrentino, De Angelis, i fratelli Bennato. Ma anche a Liberato che, lo si apprezzi o no, è una realtà musicale di oggi e fenomeno internazionale, o anche a i Nu Guinea, ai fratelli Servillo, ai Foja e gli Almamegretta per dirne alcuni). Perché la grandezza di napoletani come Troisi e Pino Daniele era di essere artisti popolari, ma non populisti e retorici.

Chiedo insomma da trentenne napoletano di vivere una festa all’ altezza di Napoli, lontana dai cliché che un tempo quegli artisti del primo scudetto odiavano e di cui oggi sembriamo quasi fieri.
Così sarò ancor più felice di ricominciare da tre (scudetti) e da trenta (anni).

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