Patrese: «Per sostituire Senna morto a Imola persi il sonno, mi pareva di sfidare il destino»
Al CorSera: «I piloti di oggi fanno il compito e stop, ai miei tempi si imparava con il fiuto. Verstappen è forte, cattivo e pure stronzo. Hamilton più simpatico da quando non domina».

Il Corriere della Sera intervista Riccardo Patrese. È stato campione del mondo con i kart, campione italiano ed
europeo di Formula 3 e ha gareggiato nel Mondiale sport prototipi con la Lancia. Ma soprattutto ha corso in Formula 1 dal 1977 al 1993 disputando 256 Gran Premi, vincendone sei. È stato il pilota italiano più vincente nella storia moderna della F1. In 17 stagioni in F1 ha guidato Shadow, Arrows, Brabham, Alfa Romeo, Williams e Benetton.
Prima di diventare un pilota automobilistico, Patrese ha praticato, sci e nuoto a livello agonistico.
«Ho provato sci e pure il nuoto. Mamma mi portò alla Rari Nantes Patavium: trovavo Novella Calligaris e Amedeo Chimisso, uno dei caduti nello schianto aereo di Brema. Ma nuotare era faticoso e a 11 anni ero già sui kart: così lasciai le piscine».
Perché la F1la bollava come antipatico? Patrese:
«L’ha fatto fino al 1985, sull’onda dell’incidente del ’78 a Monza che sarebbe costato la vita a Ronnie Peterson. Pur non avendo colpe, non fu facile per un ragazzo di 24 anni superare la bufera: ero stato sospeso per la gara di Watkins Glen e l’immagine era a rotoli. Mi chiusi a riccio».
Patrese è stato anche alla Benetton con Briatore.
«Nel 1993 ci siamo lasciati male, Briatore non è stato corretto. Lui e Alessandro Benetton mi avevano voluto a tutti i costi. La macchina non era all’altezza, ma Flavio dichiarò: “Se Patrese si fa battere da Michael Schumacher, è meglio che vada in pensione. Di ragazzini così ne trovo dieci”. Fu un clamoroso errore di valutazione pure verso di me: l’anno dopo al mio posto usò Lehto, che si schiantò subito, poi Verstappen senior che faceva i looping, infine Herbert. In tre non ottennero i punti conquistati da me nella stagione precedente».
Ci racconta dell’incrocio con Enzo Ferrari? Patrese:
«Volle parlarmi dopo il Gp del Sudafrica del 1978. Il suo ufficio era cupo, ero intimorito. Ma fu gentile e mi fece firmare una lettera d’intenti: “Se cambio Villeneuve, prendo lei”. Non se ne fece nulla, però pretese di pagarmi la penale».
In auto ha mai avuto paura della morte?
«L’ho avvertita solo con la disgrazia di Senna, che capitò 6 mesi dopo che ero fuori dal giro».
Ma meditava ditornare in F1…
«Proprio a Imola, in quel maledetto weekend del 1994, mi misi a disposizione della Williams per i collaudi: l’auto aveva bisogno di sviluppi. L’idea era di fare coppia con Senna l’anno dopo. Ayrton fu l’ultima persona che salutai nel lasciare l’autodromo: “Ci vediamo al prossimo test”. Poi successe quello che sappiamo».
A quel punto serviva un titolare.
«Williams mi offri il posto, io accettai. Ma per una settimana non ci dormii sopra: avevo 40 anni, mi pareva di sfidare il destino».
Patrese rimane l’italiano più vicino al titolo della F1 dal 1990 a oggi.
«Un secondo posto e due terzi nel Mondiale, il massimo possibile. La McLaren dominava con Senna e Prost: arrivare terzi equivaleva a essere i primi degli altri. Nel 1992 alla Williams, invece, non sarei potuto arrivare altro che secondo: non avevo fatto dei conti che mi furono chiariti a Magny Cours. La nostra auto dava 2’’ a tutti, ma si adattava di più a Mansell: Nigel avrebbe vinto comunque. Però avevo cominciato a capire la monoposto e in Francia ero in testa. Ci fu lo stop per la pioggia, in attesa di ripartire Patrick Head mi disse: “Riccardo, forse non hai capito che abbiamo già deciso, da tempo, che il titolo lo deve vincere Nigel”. Rimasi di sale. “Scusa, Patrick, puoi ripetere?”. Silenzio totale. Anche al secondo via andai al comando, ma dopo un giro segnalai in modo plateale di far passare Mansell. Fu l’unico atto polemico».
Quanto le manca il titolo della F1?
«Parecchio. Ripenso alla chimera Ferrari, a Piquet sulla Brabham che avrebbe potuto essere mia, al mio errore nel 1983 a Imola… Di occasioni ne ho avute, ma non ho rimpianti: le cose sono andate così, però nelle giornate migliori potevo battere chiunque».
Come giudica i piloti di oggi?
«Ce ne sono di “bravetti”, ma li vedo molto “insegnati”: fanno il compito e stop, ai miei tempi si imparava con il fiuto. Hamilton o Verstappen? In questo momento Max ha self confidence e il vento in poppa. È forte, cattivo e pure stronzo, cosa che non guasta. Lewis? Adesso è più simpatico perché ha smesso di dominare. E un Mondiale, nel 2021, gliel’hanno scippato».
La Ferrari è ripiombata nel caos: tocca a Frédéric Vasseur, nuovo team principal, toglierla dai pasticci.
«Negli ultimi tempi mi è parso che mancasse un capo che prendesse le decisioni. E poi c’è stato il “granchio” di voler smentire l’addio a Mattia Binotto quando invece era già tutto deciso».