Alla Gazzetta ricorda la sua esperienza con il ct della Francia: «È un buono, ma se si arrabbia… Mi disse che dovevo stare più attento. Poi scoppiò a ridere e “Non ti preoccupare, continua a giocare come sai”».
Marchisio, cosa ricorda di quella stagione con Deschamps?
«All’inizio per tutto l’ambiente non era facile, perché la Juve era in B. Per me, però, era bello essere guidato non solo da un allenatore già importante, visto che era arrivato in finale di Champions con il Monaco, ma anche da un ex campione che andavo a vedere allo stadio. Pensavo che avrebbe potuto farmi crescere sotto tanti aspetti. Deschamps mi diede grande fiducia e mi fece debuttare in Coppa Italia a Martina. Quella sera, però, non sentii la pressione. Ben diversa la situazione quando feci l’esordio in campionato sostituendo Trezeguet contro il Frosinone nel finale. Cercai di sbagliare il meno possibile».
C’è un episodio che le torna in mente?
«Stavamo vincendo contro il Napoli e fui espulso ingiustamente. Non avevo mai preso un cartellino rosso nel settore giovanile, rimasi stupito. Mi dispiaceva lasciare la squadra in dieci proprio in quella partita e mi aspettavo poi il rimprovero dell’allenatore. Alla ripresa degli allenamenti Deschamps mi accolse con la faccia scura: lui è un buono, ma se si arrabbia… Mi disse che dovevo stare più attento. Poi io mi girai e lui scoppiò a ridere. Mi guardò e mi tranquillizzò: “Non ti preoccupare, continua a giocare come sai”».
Messi o Maradona?
«I paragoni possono farli solo le persone che li hanno ammirati entrambi dal vivo. Io di Maradona ho visto le immagini e sentito i racconti di mio papà e di suoi ex compagni come Ciro Ferrara. Quindi non mi esprimo, anche perché certe emozioni e certe sensazioni le provi solo allo stadio. Il calcio ormai ha una storia centenaria, i confronti tra campioni di epoche lontane diventano sempre più difficili».