ilNapolista

“Il presepe favoloso”, alla Sanità l’opera monumentale che spiega cos’è Napoli anche a chi non vi è nato

Realizzata e donata alla città dalla bottega La Scarabattola dei fratelli Scuotto, in collaborazione con il restauratore e scenografo presepiale Biagio Roscigno.

“Il presepe favoloso”, alla Sanità l’opera monumentale che spiega cos’è Napoli anche a chi non vi è nato
Dal sito della Fondazione San Gennaro
Mi è capitato, in una di quelle scorribande escursionistiche che caratterizzano il mio tempo libero, di battibeccare pianamente con un collega torinese che condannava Napoli per mancanza di industriosità: “noi abbiamo la Fiat!”, mi diceva orgoglioso, ed io di rimando: “noi per secoli ad Amalfi, Maiori, Minori, abbiamo avuto le Ferriere… e sono durate qualche secolo in più” gli controbattevo.
“Il presepe favoloso (pagg.96, euro 35)” la splendida strenna-catalogo con copertina di Gabriele Rollin, completa delle descrizioni delle 52 statuine e dei loro significati, che gli amici delle Edizioni San Gennaro hanno predisposto per Natale rappresenta in prima istanza un esempio di questa joint-venture da piccola impresa meridionale: in un tempo in cui molti cantavano dai balconi o correvano sui terrazzi condominiali per sfuggire all’idea del morbo che azzerava l’anima, nella profonda Sanità si progettava “Il presepio favoloso” un’opera – che può essere vista nella sagrestia di Santa Maria alla Sanità – che rappresenta la summa dell’industriosità partenopea.
La capanna nel Monacone non è solo un’opera d’arte che contempla i pastori – donati – dai fratelli Scuotto (Bottega d’arte “La Scarabattola”), nella scenografia progettata e realizzata da Biagio Roscigno, ma spiega cos’è Napoli anche a chi non vi è nato.
Napoli è uno spazio di confine dove si accoglie laicamente tutto e lo si trasforma traendone l’essenziale che serve ad una particolare idea di Mondo. Ci sono i diavoli ne “Il presepe favoloso”, così come ci sono le miserie che caratterizzano la nostra stessa umanità: ma non c’è razzismo che tenga, né utilizzo della donna e neanche un’idea di guerra giusta. Mentre le 100 foto-illustrazioni diafane di Sergio Siano ci mostrano i contorni ibridi di luce e tenebre del catalogo – della collana curata da Carlo Avilio -, Pietro Gargano ne seziona minuziosamente i significati più reconditi rendendoli palesi, mentre il Direttore dell’Archeologico (MANN) Paolo Giulierini parametra questo presepio con la tradizione più povera di scuola giottesca.
Peppe Barra si sofferma sui dettagli della Meraviglia, mentre Federico Vacalebre fa un discorso sulla tradizione: e sulla sua attualizzazione per renderla vivida. Gli altri lavoratori delle Ferriere presepiali di Santa Maria? Le minuterie, gli arredi, gli strumenti musicali e tutti gli accessori derivano da una telefonata a Sossio Cirillo. Il Dipartimento di Architettura della Federico II donò la progettazione di una teca – Gianluigi Freda nel testo si fa carico di spiegarne l’architettura che la caratterizza -, per la cui realizzazione si spesero la Saint-Gobain, La Edil Vetro e Faraone.. Coop4Art ha provveduto all’istallazione, compresa la sostituzione del pavimento in cotto della sacrestia regalo della ditta Ceramiche Vesuviane-Marazzi. Il deus ex machina di tutto questo? Il parroco di Santa Maria Antonio Loffredo.
ilnapolista © riproduzione riservata