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Quella partita per Giuliani che Maradona non volle organizzare

In uscita un libro sul portiere del secondo scudetto che morì di Aids e contrasse il virus al matrimonio di Diego. Ancora oggi c’è molta reticenza su di lui

Quella partita per Giuliani che Maradona non volle organizzare

Giuliano Giuliani il portiere del secondo scudetto del Napoli, morto di Aids. È uscito un libro su di lui. Lo ha scritto Paolo Tomaselli giornalista del Corriere della Sera che da bambino era un suo fan e gli scrisse anche una lettera. Il libro – edito dalla 66thand2nd – si intitola: “Giuliano Giuliani più solo di un portiere”. Oggi ne scrive lo stesso Corsera.

quando (molto tempo dopo) l’ex moglie di Giuliani, Raffaella, chiede aiuto a Diego per l’organizzazione di una partita in memoria di Giuliano (morto nel 1996, a soli 38 anni), il Pibe nemmeno risponde, a dispetto della generosità più volte dimostrata nei confronti di tutti i compagni di quegli anni indimenticabili. E quel silenzio non è dovuto al fatto che Giuliani era (e resterà per sempre) l’unico portiere italiano ad avergli parato due rigori in carriera, da portiere del Verona. È, soprattutto, un silenzio che quei compagni li ha accomunati praticamente tutti, tranne Alessandro Renica, Ciro Ferrara, Luca Fusi, Giancarlo Corradini e pochi altri. Perché a uccidere Giuliano Giuliani era stato l’Aids. Che ancora oggi, in un ambiente come quello del calcio, è una malattia che si fa fatica anche solo a nominare. Figurarsi allora, quando si moriva molto di più e l’associazione con l’omosessualità (che per il calcio italiano è notoriamente il tabù assoluto) era presso- ché ferrea.

E a niente è servito sapere che Giuliano Giuliani non era gay. E che con ogni probabilità aveva contratto il virus a inizio novembre 1989, per un’avventura (l’unica della sua vita di marito fedele) a Buenos Aires in occasione dell’addio al celibato di Maradona.

Ancora oggi di Giuliano Giuliani e della sua vita così diversa da quella del calciatore-tipo (e non solo per come è finita) non vuole parlare quasi nessuno. Ne è valsa la pena, per l’autore di quella letterina riprodotta anche in foto a inizio libro, perché quelli che hanno accettato di parlare (la ex moglie, la figlia Gessica, i pochi amici che gli sono stati vicini fino alla fine) hanno aiutato Paolo Tomaselli a comporre una storia che è allo stesso tempo bella, vergognosa e triste. Un aggettivo, quest’ultimo, che compare verso la fine, in una citazione tratta dal film L’uomo in più, di Paolo Sorrentino. Sarebbe un regista perfetto, per una versione cinematografica di questo libro.

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