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Matthäus: «La più grande delusione fu Usa 94, Vogts perse il controllo dello spogliatoio»

A L’Equipe: «Accettò che alcuni giocassero a golf. Tornai in Nazionale nel 98 ma ero un estraneo. Maradona il più forte di tutti. E poi Waddle»

Matthäus: «La più grande delusione fu Usa 94, Vogts perse il controllo dello spogliatoio»
1990 archivio Storico Image Sport / Inter / Lothar Matthaus / foto Aic/Image Sport

Lothar Matthäus, ex centrocampista di Bayern monaco e Inter, ha rilasciato un’intervista all’Equipe ripercorrendo il Mondiale di Italia ’90 e la sua carriera con la Germania. Nel rievocare i ricordi ha parlato anche di Maradona e delle sfide in Serie A e in Nazionale.

Matthäus inizia ricordando il Mondiale 90.

Il giocatore più forte che hai incontrato?

«Diego Maradona.» – racconta Matthäus –  «Ci siamo spesso affrontati in Coppa del Mondo (durante le finali del 1986 e del 1990, vittoria nel 1986 per l’Argentina 3-2, vittoria nel 1990 per la Germania 1-0), ma anche nei club, sia in Coppa Campioni, lui con il Napoli e io con il Bayern, e in Serie A quando giocavo nell’Inter. Nel corso degli anni è nata una vera amicizia. Ma ce ne sono stati molti altri di calciatori forti, come Chris Waddle grande protagonista ai Mondiali del 90 con il suo stile inconfondibile di finte e dribbling».

Il rimpianto più grande della tua carriera?

«Di aver annunciato la fine della mia carriera internazionale poche settimane dopo i Mondiali del 1994. Allora avevo 127 presenze. Lo decisi perché ero rimasto molto deluso quel che accadde negli Stati Uniti. Ripensandoci, ho ancora l’amaro in bocca.

La più grande delusione? Il Mondiale del 94, negli Stati Uniti (eliminazione ai quarti di finale dalla Bulgaria, 1-2). Avevamo troppi leader e l’atmosfera nello spogliatoio era pessima. Troppi giocatori avevano un brutto carattere e l’atmosfera era inquinata. Il ct, Berti Vogts, era al suo primo Mondiale. Commise errori nella gestione della squadra e, anche se ero capitano, non si fidava di me. Non capì che era fondamentale stabilire una gerarchia per ottenere una maggiore disciplina. Invece i giocatori facevano quello che volevano. Vogts accettò che alcuni giocassero a golf la mattina presto prima dell’allenamento. Durante tutta la competizione, non abbiamo giocato a calcio. Non c’era spirito di gruppo. Inizialmente avevo fiducia in quel  gruppo e non avrei mai pensato che le cose sarebbero andate così. (…) Tutti abbiamo sbagliato, io il primo. Guardando indietro, mi rendo conto che sarei dovuto intervenire. Mi dispiace ancora oggi di non aver parlato e di non aver battuto il pugno sul tavolo.

Tornò per il Mondiale del 98.

Anche se avevo già 38 anni, ero in una forma smagliante. Con il Bayern avevo appena giocato una stagione straordinaria e non vedevo l’ora di giocare un quinto Mondiale. Ma quando sono rientrato in squadra, mi sono sentito un estraneo. Dal 94, erano cambiate molte cose. Nonostante le mie 127 presenze, avvertivo poca considerazione nei miei confronti. Non eravamo per nulla affiatati. Non eravamo ambiziosi. E dire che abbiamo giocato la nostra migliore partita contro la Croazia (0-3) nei quarti di finale giocando dieci contro undici per tutto il secondo periodo…

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