L’Inter sotto minaccia di Boiocchi e ultras che chiedevano biglietti e altro

Dal Corsera. Ora è emerso che quattro dirigenti furono indagati (poi archiviati) per associazione a delinquere. Le pressioni di Boiocchi

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Mg Milano 26/10/2022 - Champions League / Inter-Viktoria Plzen / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: tifosi Inter

I dirigenti dell’Inter sotto minaccia di Boiocchi (il criminale capo ultras ucciso sabato sera) e degli altri ultras. Ne scrive il Corriere della Sera:

«Adesso cambiamo tattica, adesso le cose ce le prendiamo per forza e poi vediamo cosa succede», gridava al telefono Vittorio Boiocchi, il capo ultrà assassinato sotto casa, a un dirigente dell’Inter «reo» di non averlo avvisato dell’arrivo nel gennaio del 2020 del neoacquisto Young in aeroporto, dove la Curva vuole dare il doveroso «benvenuto» e scattare le prime foto con le sciarpe al collo.

Rapporti difficili, spesso tesi. Collusione però no. Il terreno è quello, scivoloso e in penombra, dei rapporti delle società di calcio con gli ultrà.

Quattro dirigenti furono indagati – si è scoperto in questi giorni con l’accusa di associazione per delinquere: “l’ipotesi era che ci fosse stata qualche forma di collaborazione per favorire i capi ultrà fornendo loro biglietti a prezzi agevolati o facendoli entrare gratis allo stadio o consentendo il commercio di merchandising”. In realtà il pm ha poi chiesto l’archiviazione: i quattro «erano in realtà vittime del comportamento minaccioso ed estorsivo dei capi dei tifosi e quindi semmai persone offese dei reati».

Anche all’Inter, dunque, come per tutti i club italiani, i dirigenti erano minacciati dagli ultras.

Numerose le pressioni della Curva, scrive il Corsera.

Si concentrano soprattutto sulla vendita dei biglietti («che venivano poi parzialmente rivenduti a prezzi maggiorati con una sorta di “bagarinaggio”»), l’organizzazione delle trasferte e gli ingressi allo stadio. Com’è avvenuto quando un capo ultrà (colpito da Daspo), scontento perché non erano permessi cambi di nome sui biglietti e (cosa sorprendente) perché non c’era l’abbonamento gratis a don Mazzi.

II pm Lesti conclude quindi che «anche la dirigenza interista era vittima del comportamento estorsivo dei capi tifosi, che li utilizzava esclusivamente per il raggiungimento di finalità di prestigio personale quando non di mero profitto privato». Altro che tifosi, dunque.

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