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Da noi si diventa allenatori col solito meccanismo all’italiana: la deroga che diventa norma

Bocchetti non è neanche iscritto al corso. De Rossi, Palladino e altri usufruiscono della deroga. Un sistema iniquo che favorisce gli ex calciatori

Da noi si diventa allenatori col solito meccanismo all’italiana: la deroga che diventa norma
Db Verona 16/10/2022 - campionato di calcio serie A / Hellas Verona-Milan / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Salvatore Bocchetti

Il meccanismo di specchi e leve per allenare in A e B e l’italica deroga

Carlo Ancelotti cita spesso un massima di Arrigo Sacchi, quando gli chiedono di cosa necessita la posizione di mister di successo: “Sacchi mi disse che per fare l’allenatore servono quattro cose: occhio, pazienza, memoria e fortuna.” A queste caratteristiche occorrerebbe aggiungerne altre due, almeno: una pacca sulla spalla e una deroga.

Come mai questo preambolo?

Sulla panchina dell’Hellas Verona, dopo l’esonero di Cioffi, siede Salvatore Bocchetti, buon centrale difensivo con un passato, tra le altre, nel Milan, nel Genoa e nello Spartak Mosca. L’ex difensore napoletano, fino alla cacciata di Cioffi, ricopriva il ruolo di allenatore della Primavera del club scaligero, mentre l’anno scorso era stato secondo di Tudor.

C’è, però, un leggerissimo problema in tutto questo processo: Bocchetti non è in possesso del patentino Uefa Pro. Il titolo rappresenta il massimo livello riconosciuto dalla Figc in materia di formazione tecnica e, al termine delle lezioni a Coverciano, il positivo superamento degli esami assicura l’abilitazione per condurre qualsiasi squadra, incluse quelle di Serie A e Serie B maschile. Per questo motivo, nell’immediato futuro, per poter dirigere i suoi a bordo campo, avrà bisogno di una figura che gli permetta di rispettare le regole della Federazione.

Per il prossimo mese e fino alla sosta per il Mondiale, allenerà con deroga concessa dalla Figc, ma avrà poi bisogno dell’affiancamento di un tutor già titolare del patentino. A questo si aggiunge però un dettaglio: Bocchetti non è in attesa del conseguimento del titolo, non è proprio iscritto al corso. Per fare un paragone, l’ex centrale è come se guidasse un’auto senza patente, senza foglio rosa e senza neppure la visita agli occhi dal medico predisposto.

In Italia, solitamente, se c’è un’eccezione, quella diventerà pian piano la regola. La situazione paradossale di Bocchetti non è, infatti, l’unica del genere.

Daniele De Rossi, nuovo tecnico della Spal, si trova nella stessa situazione: nell’ottobre 2021 De Rossi ha ottenuto il patentino Uefa A, col quale può in questo momento allenare fino alla Serie C o fino alla A femminile, ma non ha ancora il Uefa Pro. Ecco che, dunque, con lo strumento della deroga, come una passata di straccio bagnato sul pavimento macchiato: passa la paura. La seppur minima attenuante dell’ex “Capitan futuro”, ora “Mister del futuro”, è la sua effettiva iscrizione al corso Uefa Pro.

Almeno lui la visita agli occhi l’ha fatta, prima di sedersi in macchina. Lo stesso vale per Raffaele Palladino, ora al Monza dopo l’allontanamento di Stroppa. Così è accaduto pure con tre allenatori del campionato cadetto della stagione 20/21, ovvero Giacomo Gattuso (Como), Edoardo Gorini (Cittadella) e Francesco Antonio Modesto (Crotone), e pure della scorsa annata, Agostini al Cagliari, tutti con deroga.

L’eccezione, dunque, è già normalità. Una pacca sulla spalle, qualche cavillo burocratico e puoi diventare pure tu un allenatore di Serie A. Ah no? Decisamente no. Ciò che accumuna tutte le figure precedentemente elencate è aver avuto carriere da calciatori professionisti di serie A o B. I prerequisiti, infatti, per l’ammissione al corso di Uefa Pro vanno dai più raggiungibili, ossia avere 32 anni compiuti e la licenza media – quando nel 2022 non puoi nemmeno diventare bidello senza il diploma delle superiori, con tutto il rispetto per la categoria – ai meno conseguibili, ma comunque fattibili, come il tesseramento di almeno 8 mesi dal conseguimento della qualifica di “Allenatore Uefa A”.

A questi si aggiunge la consueta scorciatoia: il Settore Tecnico ha la possibilità, anche una volta raggiunto il massimo numero di candidati, di ammettere chi è in possesso del patentino Uefa A e che, nella loro carriera da allenatori, abbiano partecipato ad almeno una finale di Coppa del Mondo con la Nazionale A italiana.

Si parla spesso di allargare i criteri di ammissione a tali corsi. Sull’argomento si sono spesi fior di nomi alla Sacchi, per il quale con le regole attuali sarebbe stato molto difficile arrivare lassù dov’è arrivato. Chi decide di intraprendere questo percorso da comune mortale, sa di partire con le ruote dell’auto bucate e senza cric, perché chi ha un passato sul prato ha 4 marce in più. Vedere i punteggi attribuibili dalla Commissione per l’accesso per credere: su 98 punti totali, 35 sono dati in base ai titoli ottenuti da calciatore, 40 da allenatore. La distanza è troppo esigua. Qualcuno con una deroga, ovviamente destinata a chi è già nell’ambiente, sarà sempre in corsia di sorpasso.

Come per tutti i mestieri che richiedono un’iscrizione ad un albo, dei quali si può fare parte avendo già precedentemente conseguito una laurea o un master, così dovrebbe essere pure per chi allena in A o in B: si studia e si ottiene il titolo. Senza il patentino, si seguono le partite dalla tribuna. Altrimenti, di parole come competenza, preparazione e coerenza non rimane nulla.

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