Ad un certo punto il suo cuore ha cominciato a inciampare, non un vero male, ma una pausa di riflessione esistenziale, un segnale di vitalità

Josip Ilicic ha salutato l’Atalanta. Dopo la pandemia non è stato più lo stesso, assalito da un male di vivere che nemmeno lui ha saputo spiegare. Oggi Alessandro Bonan ne scrive su Il Foglio Sportivo, che ne esalta le doti calcistiche (“le finte improvvise, scioccanti come sterzate umorali, il suo sinistro/pennello”) e lo definisce “un grande artista del pallone”.
“A un certo punto però, l’artista si è ammalato. Il suo cuore ha cominciato a inciampare, e lui, già lento per vocazione, si è fermato. Che cosa sia successo è difficile da spiegare, tanto che lo stesso Josip fa fatica a dirlo. Si sforza, in queste ore dedicate agli addii, ma non gli viene una definizione precisa del suo male. Forse perché non è stato un male, ma solo una pausa di riflessione esistenziale, e, in quanto tale, un segnale di forte vitalità. L’esempio che ci ha dato è importante, in quanto riconduce il calcio in una dimensione umana spesso dimenticata. Ilicic è stato un fiore sbocciato piano piano, cresciuto oltre il suo limite, diventando il fiore più alto del prato, visibile a tutti. A un certo punto si è piegato, sembrava appassito e invece cercava solamente di nascondersi”.