POSTA NAPOLISTA – Il campo dice che quest’anno Dries ha fatto un’enorme fatica. La riconoscenza non fa parte del calcio, anzi, di solito aiuta a perdere
Come diceva l’indimenticato Luciano De Crescenzo, il popolo Napoletano è formato da “gente d’amore”. A Napoli tutto è fatto col cuore, e i rapporti interpersonali, a volte anche esagerati, rispecchiano questa natura sentimentale dei figli di Partenope.
Non c’è da meravigliarsi, quindi, se al contrario degli “uomini di libertà” del Nord, noi tendiamo ad affezionarci alle persone e, parlando del Napoli Calcio, ad eleggere ad idoli calciatori ed allenatori.
Jeppson, Cané, Vinicio (da giocatore e da allenatore), Juliano, “pal ‘e fierr” Bruscolotti, e poi l’epoca d’oro di D10S e Careca, sino ad arrivare ai più moderni Lavezzi, Cavani, Hamsik, Cannavaro, Insigne e Mertens (sì, il centravanti argentino l’ho lasciato fuori apposta, non fa parte del discorso). E anche allenatori come Mazzarri, Benitez, Sarri, solo per citare i più recenti.
A tutti questi beniamini, Napoli ha dato il cuore, e li ha aiutati a diventare grandi. E molti di loro, che sembravano ormai nell’Olimpo del calcio, hanno finito invece per fare meno bene in altre piazze meno calde. E ogni volta che è arrivato il momento di lasciarsi, per il tifoso Napoletano è sempre stato un trauma.
Ora che sembra essere arrivato il turno di Dries Mertens, il miglior marcatore della nostra storia e un figlio adottivo della nostra città, la frase più ricorrente tra i tifosi azzurri è “Mertens si è meritato il rinnovo”. Non vogliamo lasciarlo andare, costi quel che costi.
Ecco, il problema è sempre lo stesso: l’amore, che non ci fa ragionare. Purtroppo, ci si dimentica che la riconoscenza non fa parte del mondo del calcio. Lo sa bene Ottavio Bianchi, ad esempio, che dopo aver guidato gli azzurri al primo storico Scudetto, fu poi fatto fuori da una ribellione di una parte dei suoi senatori. Lo sanno bene Bearzot, Lippi e Mancini, che dopo aver vinto Mondiali ed Europei, hanno riconfermato per riconoscenza il gruppo vincente, fallendo regolarmente l’appuntamento successivo. Lo sapeva probabilmente anche Sarri, che ha ritenuto finito il ciclo a Napoli dopo un’annata straordinaria. E pur amando Napoli, ha preso altre strade per evitare di fare peggio di prima e rovinare quanto di buono fatto.
Ecco, caro tifoso del Napoli, tifoso innamorato del Napoli, stai facendo lo stesso errore: applicare la riconoscenza al calcio. L’amore per il giocatore, per l’uomo, senza pensare al campo. Vogliamo tutti un gran bene a Dries e al piccolo Ciro Romeo, e sarà così per sempre. Ma il campo dice che nella stagione appena conclusa il nostro Mertens ha fatto un’enorme fatica, facendo 5 gol in 15 giorni (dal 21 novembre al 4 dicembre) per poi segnare solo 2 gol da dicembre ad aprile e facendone poi di nuovo 4 in 20 giorni (dal 10 al 30 aprile). Due sporadici periodi di forma, in una stagione anonima.
I dirigenti del Calcio Napoli non sono, per fortuna, degli sprovveduti; ragionano in maniera fredda e calcolatrice, e hanno capito che probabilmente è arrivato il momento di dire grazie a Mertens (e a Insigne, a Ghoulam, a Malcuit, a Ospina) e di cercare altre soluzioni per rinforzare la squadra. La riconoscenza non fa parte del calcio, anzi, di solito aiuta a perdere.