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Il padre e allenatore di Tsitsipas: Stefanos ha detto, “Voglio sentire il greco quando gioco!”

Il tennista greco affronterà tra poco Kyrgios e, sulle pagine de L’Equipe, Apostolos Tsitsipas è tornato a difendere la sua idea di coaching a bordo campo, “sono un allenatore e allenerò, di sicuro”

Il padre e allenatore di Tsitsipas: Stefanos ha detto, “Voglio sentire il greco quando gioco!”
Parigi (Francia) 13/06/2021 - Roland Garros / foto Imago/Image Sport nella foto: Stefanos Tsitsipas

Nella giornata in cui Tsitsipas affronterà Kyrgios per il terzo turno del torneo di Wimbledon, L’Equipe torna sul tema del coaching a ogni punto. Un tema sollevato dal padre e allenatore del tennista greco, Apostolos Tsitsipas. Proprio lui è stato spesso accusato di parlare troppo a bordo campo con il figlio che a sua volta si è dovuto difendere spiegando che tanto mentre gioca non sente niente e nessuno

Il quotidiano francese ha intervistato Apostolos chiedendogli perché, per lui, è così importante che Stefanos abbia le sue indicazioni a bordo campo

«Conosco tutti i dettagli del suo gioco ed è molto importante che io usi la lingua del paese in cui è nato. Molte parole hanno un significato per lui, parole che possono risalire all’infanzia. Ad esempio fallaleos (in fonetica) , che significa “coraggioso”. È cresciuto con tutte quelle parole motivazionali. Lo rassicura. Abbiamo provato a cambiare. Ma Stefanos ha detto: “Voglio sentire il greco quando gioco!”…E poi questo tipo di giocatori di alto livello, che io chiamo “cavalli selvaggi”, hanno bisogno di qualcuno che gli faccia da compagno. Bisogna essere guide su questo ripido sentiero. Nessuno sospetta davvero la difficoltà di quel mondo. Mentalmente, soprattutto se stai allenando qualcuno che ami, vedi quanto soffre. Mi dispiace per tutti questi ragazzi. Vedo tutto quello che danno, tutta l’energia di cui hanno bisogno. Hanno così poco tempo per rilassarsi, così poco tempo per se stessi. Stefanos dà la sua anima, dà tutto quello che ha su un campo da tennis, sacrifica tutto da quando aveva 13 anni»
Dall’11 luglio, l’ATP ha deciso di testare la possibilità di fare coaching dagli spalti per gli allenatori, ma intanto questo rapporto continua a fare discutere
«Le regole dicono che possiamo supportare il giocatore, motivarlo, parlargli. Ma non avremmo diritto al coaching? È una cosa molto strana! Ma perché il giocatore non poteva essere allenato dal limite del campo? Non capisco. Siamo in un box, negli angoli più privilegiati dei campi, io sono seduto lì, sono un allenatore e allenerò, di sicuro. I giocatori sono soli, l’allenatore è lì per tirare fuori il meglio dal giocatore. In qualunque modo, che si tratti di fare il tifo per lui o di dire qualcosa come “Stef, colpisci la palla più velocemente”, “Attento, la tua intensità sta calando”, fa parte del gioco. Non dà fastidio a nessuno, fa bene allo sport e per i giocatori, perché alcuni di loro si rompono durante una partita»
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