Perché il tifoso è così legato al passato e ha sempre paura del futuro?
Ogni nuovo acquisto è un brocco (anche Hamsik, Lavezzi, Mertens, Callejon), poi quando vanno via pare che finisca il mondo. Un po' come i bambini che guarderebbero sempre lo stesso film

Db Verona 12/01/2014 - campionato di calcio serie A / Verona-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Dries Mertens
Perché il tifoso in generale è conservatore? È una tendenza certamente italiana, persistente pur se smentita quasi sempre dai fatti. Anche a Napoli il cosiddetto ambiente è per l’immobilismo assoluto, peraltro in netta contrapposizione allo slogan ultras “Solo la maglia”. In realtà non sembra proprio. Conta sempre e solo colui il quale la indossa quella maglia. Chi va via, è sempre più forte di chi arriva. Perché?
Facciamo qualche esempio. Quando furono presentati Hamsik e Lavezzi – ormai un’era geologica fa – all’esterno gli ultras contestavano al grido di “meritiamo di più”. Poi, Hamsik e Lavezzi sono diventati due idoli della tifoseria, al momento dell’addio si è assistito al solito copione: i tifosi non volevano perché nel frattempo li avevano conosciuti, apprezzati e in qualche caso persino “amati”. Senza addentrarsi nell’abc della psicologia, ma è più o meno il comportamento dei bambini di fronte alla novità qualunque essa sia. I bambini guarderebbero all’infinito sempre lo stesso film o lo stesso cartone animato, giusto per fare due esempi. Per poi finire, una volta convinti a guardare qualcosa di nuovo, col rimanerne affascinati.
In questi giorni è emersa la notizia che stanno girando un film su Mertens a Napoli. Sappiamo che la troupe era alla ricerca della conferenza di presentazione del belga. Perché non c’era praticamente nessuno, Mertens ci rimase male. In fondo non veniva dal Toronto ma dal Psv Eindhoven. Come tutti quelli che arrivano a Napoli, tranne rarissime eccezioni (forse solo Higuain), sono considerati calciatori per caso. Come se fossero acquistati con l’estrazione dei bussolotti. Mertens, giusto per gradire, nelle due stagioni al Psv aveva segnato 27 e 18 gol, non proprio bruscolini. Il primo anno arrivò quarto nella classifica marcatori. A Napoli venne considerato ‘o zì nisciuno. Adesso che ha 35 anni, all’idea che vada via (ci torneremo) ci sono tanti tifosi che vanno in crisi esistenziale. Chissà se abbia qualcosa a che fare con la visione del futuro che a Napoli non può che essere fosca e questo lo comprendiamo.
Ma gli esempi non sono finiti. Persino all’arrivo di Cavani non ci furono esultanze particolari. Giocava nel Palermo, peraltro attaccante esterno. Buono sì ma “chissà se è da Napoli”. Poi il mostro impiegò tre partite per far cambiare idea a tutti, e amen. Quando andò via, altro psicodramma.
Vogliamo parlare di Callejon? Delle risatine di scherno dei giornalisti in conferenza stampa quando Benitez (trattato come se fosse un organizzatore di feste di piazza) disse che avrebbe potuto segnare venti gol in stagione. Fu la barzelletta dell’estate. Ovviamente venne immediatamente considerato “al servizio” di De Laurentiis. Altrettanto ovviamente finì che Callejon quella stagione segnò venti gol e si è rivelato uno dei migliori acquisti della storia del calcio sotto il profilo qualità/prezzo.
Come non soffermarsi su Koulibaly arrivato dal Genk (sempre per volontà dell’organizzatore di feste di piazza) nello scetticismo generale e poi rivelatosi un signor difensore centrale. Che a nostra avviso il Napoli avrebbe dovuto vendere anni fa, per una cifra prossima ai 90 milioni, e che oggi, sia pure a un terzo della cifra, può serenamente lasciare la squadra. Non possiamo giocare a vita con gli stessi calciatori.
Potremmo proseguire, e infatti lo facciamo, e ricordare che il Napoli senza Higuain è stato più forte del Napoli con Higuain. Senza Higuain, sono stati toccati i 91 punti ed è stato scoperto Mertens centravanti.
È un conservatorismo che sconfina quasi in una religiosa avversione per tutto ciò che è sconosciuto. C’è sempre stato. È il ruolo che questa entità astratta – “il tifoso” – ha scelto per sé. Ovviamente non tutti la pensano allo stesso modo. Sono tifosi anche coloro i quali sono felici di tagliare con i nodi del passato. Che dopo dieci anni pensano sia il caso di dirsi addio. Quel che magari infastidisce, anche se ormai è un gioco vecchio come il cucco, è questa tiritera di De Laurentiis sui sentimenti, l’essere un simbolo, se ama veramente Napoli. Sarebbe così bello dire, come hanno fatto alla Juventus con Dybala, “Mertens e/o Koulibaly non rientrano più nel progetto Napoli” (Insigne ormai è andato, non lo citiamo più). Purtroppo non si può fare. Non si può essere sinceri. Lo ha imparato anche Spalletti che non parlerà mai più di scudetto anche se dovessimo essere primi con venti punti di vantaggio. Povero, è stato costretto al tour della napoletanità tra Quartieri Spagnoli e San Gregorio Armeno. È come se a Napoli si avesse a che fare con un’entità da prendere perennemente per il culo. Da qui la pantomima che De Laurentiis mette puntualmente in scena quando si prepara a un addio considerato eccellente.
Ogni stagione a Napoli, il motto è: “non ci ricapiterà più”. E invece puntualmente ricapita. Puntualmente vengono acquistati nuovi calciatori forti. Puntualmente il Napoli viaggia nelle posizioni di alta classifica. Tranne che nel biennio gattusiano, peraltro molto apprezzato da una fetta della tifoseria.
Noi siamo contenti. Ci sembra che, sia pure con quattro anni di ritardo, De Laurentiis sia giunto alla conclusione che bisogna aprire le finestre e far entrare aria nuova. Non si capisce se si ha a cuore il Napoli o una certa idea del Napoli. Segnatamente il Napoli di Sarri. Si è fermi sempre lì. De Laurentiis ha pagato a caro prezzo il suo conservatorismo. L’aver preferito la vecchia guardia a Ibrahimovic e Ancelotti gli è costato due anni di Champions. Ben gli sta. Ci sembra che abbia imparato la lezione.
Sì, non vediamo l’ora di vedere all’opera il georgiano. Non vediamo l’ora di appassionarci a nuovi calciatori che potrebbero essere i Callejon, i Mertens, i Koulibaly del domani. E sarebbe anche originale se una fetta della tifoseria (non tutti per carità) rifiutasse quest’immobilismo che stringi stringi non ha portato a nulla. Lasciateci dire che Mertens e Koulibaly sono certamente ottimi calciatori ma il loro peso non può essere comparato a quello di Ibrahimovic e Giroud due che nella vita qualcosina hanno vinto.
Siamo certamente minoranza ma anche la nostra testimonianza conta. Saremo contenti se finalmente avremo un Napoli che si è liberato del passato. E non per questo ci sentiamo meno tifosi di altri.