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Gianluca Vacchi: «Da mio padre ho ricevuto solo no. Fino alla laurea potevo uscire solo giovedì e domenica»

Al CorSera: «Da piccolo ero molto timido. Non frequentavo bambini, non sono andato all’asilo. C’erano i rapimenti: ho vissuto l’infanzia recluso».

Gianluca Vacchi: «Da mio padre ho ricevuto solo no. Fino alla laurea potevo uscire solo giovedì e domenica»

Il Corriere della Sera intervista Gianluca Vacchi, imprenditore e influencer bolognese con 50 milioni di follower sui social. Ricchissimo, non fa nulla per nasconderlo. Al quotidiano parla delle sue case: a Bologna, dove vive, ha una villa da 2.200 metri quadri (con palazzetto dello Sport, Spa, discoteca, pista per elicottero e anche la zipline più lunga d’Europa), a Miami ne ha un’altra da 1200 metri quadri, ne sta costruendo una anche in Sardegna, sempre 1200 metri quadrati più mille di terrazze, con un campo da padel, discoteca, due lodge con suite, 15 camere.

«Quando un amico viene da me, deve essere un momento magico, deve voler tornare. Mi piace vivere bene. A Bologna, si dice: “voglio morire goduto”».

Racconta di avere un problema con la competizione.

«La competizione è la mia malattia, ma sono più competitivo con me che con gli altri: sapere che non sto dando il massimo mi pesa. Già da bimbo ero campioncino di sci, battevo Kristian Ghedina e Alberto Tomba. Credo che primeggiare fosse un modo per vincere la timidezza».

Sì, da piccolo era timido.

«Da piccolo, molto. Non frequentavo bambini, non sono andato all’asilo. C’erano i rapimenti: ho vissuto l’infanzia recluso in campagna, poi a Cortina fra i monti, vivendo per lo sci. Non avevo occasioni di violentare la mia timidezza».

Lo accusano da sempre di vivere spendendo i soldi di famiglia. Risponde:

«Il mio patrimonio è cento volte quello che mi ha lasciato mio padre. L’azienda di famiglia, la Ima, è diventata grande con la mia generazione, sotto la gestione di mio cugino. Un’altra barzelletta è che la famiglia mi ha allontanato dalla gestione: mi sono allontanato io perché non saprei fare il manager. Mi sarei potuto sedere su una poltrona prendendo lauti compensi, ma ho preso solo i dividendi in quanto azionista, qualità che mi sono procurato comprando azioni da parenti con soldi miei, indebitandomi, a 24 anni. Poi ho creato altre aziende, ma sempre impostando il lavoro sulla delega: per me è importante avere tempo per vivere come voglio io».

La sua giornata-tipo è abbastanza surreale. La racconta: sveglia alle 5, altre due ore di sonno nella camera iperbarica, poi ginnastica per un’ora e 20 minuti nella vasca piena di ghiaccio a zero gradi.

«genera un ringiovanimento impressionante. Svegliarsi, chiudersi in un sarcofago e tutto il resto sono sforzi enormi. La disciplina non ce l’hai perché hai i soldi».

E ancora, 4 ore al giorno a giocare a padel.

Racconta l’educazione ricevuta:

«Militare: mio padre non mi ha mai detto sì una volta. Fino alla laurea, potevo uscire solo il giovedì e la domenica. I genitori più generosi sono quelli che sanno dire no».

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