De Laurentiis non ripeta i suoi errori post-ammutinamento
Spalletti ha tutte le ragioni di rivendicare l'ottimo lavoro svolto. E deve poter allenare senza ipoteche. Sbagliata la visita a casa Mertens, il populismo non porta da nessuna parte

Db Napoli 22/02/2016 - campionato di calcio serie A / Napoli-Milan / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Aurelio De Laurentiis
Stringi stringi, la settimana di dominio mediatico di De Laurentiis non è che abbia portato tutta questa serenità in casa Napoli. A parte la contestazione della tifoseria organizzata (quella disorganizzata, perché i tifosi “normali”, non professionali, hanno invece applaudito la squadra), ieri è andata in diretta tv la divergenza di vedute tra Mertens e Spalletti sul campionato. Dries con una visione più vicina a quella della piazza (occasione persa), l’allenatore che ha rivendicato l’obiettivo raggiunto, il grandissimo risultato, oltre ad aver risposto per le rime al belga (di questo abbiamo scritto salutando finalmente il ritorno del toscanaccio che abbiamo sempre apprezzato).
Spalletti non solo ha fatto bene a rintuzzare la versione populistica di Mertens (non a caso idolo della folla). Ma ha ragione nel merito. È assurdo dover stare a difendersi dopo due stagioni in cui la Champions l’abbiamo vista col cannocchiale. Spalletti arrivò a Napoli in un ambiente che parlava soltanto di Napoli-Verona. Ha rimesso insieme i cocci di due anni di gestione tecnica a dir poco approssimativa (per non dire disastrosa).
Le chiacchiere stanno a zero. Spalletti ha raggiunto l’unico obiettivo di inizio stagione. E ha il torto di aver portato il Napoli oltre i propri limiti, al punto da essere in lotta per lo scudetto per quasi tutto il campionato. Lo ha fatto con una squadra tormentata da infortuni, assenze, Coppe d’Africa, nodi interni irrisolti, calciatori come Insigne e Mertens a fine contratto. Ha fatto benissimo Spalletti a scandire con voce tonante che l’obiettivo della Champions il Napoli lo festeggerà tantissimo.
Ora è facile parlare. È lo stesso giochino dei cambi. Chiunque, a inizio campionato, avrebbe firmato per trovarsi in questa situazione a tre giornate dal termine. Andare oltre i propri limiti non può essere un boomerang. E aggiungiamo che è stato Spalletti a trainare il Napoli. Tutto il Napoli. Giocatori, società, tifosi. Lui ci ha creduto. Sempre.
Non solo. Il tecnico ha fatto benissimo a sottolineare che, per dirla con le sue parole, «abbiamo creato una vetrina a tanti calciatori. A inizio stagione il presidente parlava spesso di dover abbassare il monte stipendi e dovevamo aspettare che qualcuno ci chiedesse i giocatori ma in quel momento non è che ce ne chiedessero tanti. Ora invece molti giocatori sono interessati dal mercato e io sono contento di questo, i giocatori meritano simili vetrine e di essere nel mirino di grandi club come il Napoli». Questo è il lavoro di un allenatore: valorizzare il parco giocatori, aumentare il valore di una società. Spalletti va elogiato, ringraziato, applaudito.
Spalletti è l’allenatore ideale per cominciare un nuovo ciclo. Ma che sia un ciclo davvero nuovo. Al di là delle dichiarazioni, siamo certi che De Laurentiis avrà compreso benissimo l’errore che commise quando esonerò Ancelotti e si piegò al gruppo degli ammutinati. Nell’interesse del Napoli, Spalletti dev’essere messo in condizione di lavorare senza ipoteche mediatico-ambientali. Della visita presidenziale a casa Mertens abbiamo espresso chiaramente e in più occasioni il nostro pensiero. È stato un errore. Così come è un errore irrobustire la posizione politica del belga. Le storie finiscono, soprattutto non se c’è la serenità necessaria per una convivenza. Il populismo non porta da nessuna parte. Né in campo né in cassa.
Errare è umano, perseverare sarebbe diabolico. Oltre che autolesionistico.