Intervista al Giornale: «Il divorzio da Piatti? Il problema è quando il coach deve inserirsi in un gruppo, ci sono il manager, la fidanzata»

Il Giornale intervista Paolo Bertolucci. Da stasera su Sky il documentario a puntate “La squadra” sulla Coppa Davis del 1976.
Com’è il tennis oggi?
«I giocatori si divertono di meno, è evidente. Vanno in giro col team, lo spogliatoio è come andare in chiesa: noi ci entravamo come ragazzini a scuola. E poi ora c’è il player box…».
Quello con la claque.
«Quello. D’altronde son pagati, e bene. E se non mi inciti a ogni punto, ti caccio a pedate. Vorrei anche vedere che non glielo facciano l’applauso…»
E Sinner?
«Buonissimo! Però Alcaraz è più completo. Jannik è fenomenale di testa e di fisico, ma non ha la stessa potenza, forse anche la pesantezza di palla. E il gioco di volo e la smorzata…».
L’addio a Piatti?
«Io sinceramente pensavo lo lasciasse tra un paio d’anni, era un percorso naturale. Il problema è quando il coach si deve inserire in un gruppo».
Ovvero?
«Ovvero il manager ti vuole per uno shooting fotografico pagato, l’allenatore a tirare palline: che fai? Poi magari c’è pure la fidanzata a cui il coach sta sulle palle. E arrivano i dubbi».
E quindi?
«Piatti aveva in testa il suo percorso, mi auguro che Jannik abbia fatto la scelta giusta. Ha bisogno di tempo, la rete non è il suo habitat mentre per Alcaraz lo è. Ma d’altronde di numeri uno ce n’è uno solo».
E se Sinner non lo diventa?
«Eh, fuciliamolo. Alla gente che critica, vorrei ricordare che abbiamo avuto due tennisti nei primi 10. Ma quando mai?».