L’Australiano lascia Miami senza 20000 dollari per abusi verbali, e pagherà altre tre multe da 5000 dollari per oscenità e condotta antisportiva
Le offese, le urla, di Nick Kyrgios contro il giudice di sedia del suo match, perso, contro Sinner a Miami, gli sono costate 35.000 dollari di multa. Più, aggiungiamo, un penalty point per condotta antisportiva che ha portato il tennista italiano al set point, e un successivo penalty game con break che ha infine indirizzato la partita dell’australiano verso la sconfitta.
Kyrgios come al solito si era lamentato di un po’ di tutto, intestando all’arbitro, l’esperto Bernardes, qualsiasi cosa: il volume del walike-talkie troppo alto, il campo troppo lento, il pubblico troppo rumoroso. E poi giù con offese tipo “clown”, invitando il pubblico a sostituire l’arbitro perché “certamente sapreste fare meglio”.
L’Atp lo ha punito come fa ultimamente, con le multe: 20000 dollari per abusi verbali, più tre multe da 5000 dollari per oscenità e condotta antisportiva. Lascerà in sanzioni un terzo di quanto intascherà dal solo torneo di Miami. Non sono pochi, ma nemmeno tantissimi. In linea certamente con la prassi che il governo del tennis usa adesso: punire i giocatori ribelli nel portafogli senza squalificarli. Addirittura arrivando a sospendere, tra mille polemiche, la squalifica a Zverev che ad Acapulco aveva rotto una racchetta colpendo la sedia dell’arbitro, a pochi centimetri dalle sue caviglie. La politica è chiara: mandare un messaggio senza autodanneggiarsi, perché Kyrgios in campo significa appeal, spettacolo, biglietti venduti.