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Stoner e la sua malattia: «C’erano weekend in cui più forte andavo in pista e più volevo morire»

L’ex campione di Motomondiale si racconta a Gypsy Tales: «Mi sono reso conto solo dopo il ritiro del perché facessi così tanta fatica. Ho fatto bene a smettere»

Stoner e la sua malattia: «C’erano weekend in cui più forte andavo in pista e più volevo morire»
Gn Sepang (Malesia) 22/10/2009 - conferenza stampa motogp / foto Giorgio Neyroz/Image Sport nella foto: Casey Stoner-Valentino Rossi

L’ex campione del mondo australiano di Motomondiale, Casey Stoner, ha rilasciato un’intervista al podcast Gypsy Tales parlando delle due patologie contro le quali si è trovato a combattere in carriera: prima l’affaticamento cronico, poi l’ansia. Le sue parole sono riportate dalla Gazzetta dello Sport.

“C’erano dei giorni che ero ‘malato come un cane’. Poi c’erano quei weekend dove più forte andavo in pista, più volevo morire. Mi sdraiavo sul pavimento del mio motorhome, raggomitolato, con i nodi allo stomaco. Non volevo correre. Non potevo sentirmi peggio. Avevo una grande apprensione. Avvertivo la pressione della squadra, di tutti quelli che mi avevano aiutato. Avevo un team di 70 persone lì, e soprattutto quando sei il pilota numero uno e tutti si aspettano che tu vinca ogni fine settimana, questo ha influito tantissimo su di me”.

Quando è arrivata la diagnosi relativa all’ansia:

“In realtà non sapevo fosse un fattore. Onestamente pensavo fosse solo qualcosa che la gente dicesse per dire, un altro modo per essere stressati. Tutti si stressano. Invece quando l’ansia arriva anche la mia schiena si blocca, tra le scapole. La percepisco quando non mi sento tranquillo. Sarebbe stato più facile nella mia carriera se l’avessi saputo e avessi potuto gestire meglio la situazione. È stato un brutto colpo essere chiuso con le persone e i media, perché non sono mai stato tranquillo di fronte a loro. Le folle non mi hanno mai messo a mio agio”.

E ancora:

Mi sono reso conto solo dopo aver finito la mia carriera del perché facessi così tanta fatica. Poi ho avuto il mio piccolo mantra negli ultimi due anni, che era: ‘Puoi fare solo quello che puoi fare, e non puoi fare più di così’”.

Infine:

Sono stato molto bravo a ritirarmi. Non importa quanto male, quanto nervoso e quanto pentito fossi. Sono stato molto bravo a dirmi di ingoiare il rospo e andare avanti sulla mia strada”.

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