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Toto Wolff: «il dolore e le cicatrici ti rendono più forte, questo accomuna Hamilton e me»

Intervista della Faz al boss Mercedes: “Io ho perso mio padre da piccolo, Lewis ha subito il razzismo da sempre. Le difficoltà sono la nostra comfort zone. La psicologia è tutto, anche nel lavoro”

Toto Wolff: «il dolore e le cicatrici ti rendono più forte, questo accomuna Hamilton e me»

I trofei sono pericolosi, sono reliquie del passato, non contano più nel qui e ora. Non si dovrebbe mai riposare sui successi passati. Personalmente ho solo due cimeli. Uno è il casco con il design Lauda che Lewis Hamilton mi ha regalato dopo la sua vittoria a Monaco poco dopo la morte di Niki nel 2019. L’altro è il trofeo della Coppa del Mondo costruttori. Su di esso si possono vedere tutti i loghi dei passati campioni del mondo e c’è ancora spazio per i futuri campioni del mondo. Metto sempre questo trofeo, questa grande coppa d’argento, con il lato davanti su cui si vede lo stemma bianco, dove non è ancora chiaro chi sarà il prossimo”.

Toto Wolff non è solo il boss della Mercedes in Formula Uno, il capo. E’ un vulcanico uomo d’affari, incapace di rendersi invisibile. Uno che quando parla lascia traccia indelebile di sé. Come nella lunga intervista concessa alla Faz ora che il Mondiale di Formula Uno con annesso “scippo” del titolo a Hamilton è quasi digerito. Quasi.

Parla di motivazioni, Wolff. Della sua infanzia.

Perdere un genitore, diventare un mezzo orfano da adolescente, per il quale il padre è un caregiver molto importante, avere problemi economici e allo stesso tempo frequentare una scuola privata dove vedi quanto sei mediocre ogni giorno mi ha sicuramente fatto qualcosa. Volevo essere responsabile di me stesso molto presto, da quando avevo dieci o undici anni. Non volevo più dover dipendere dagli altri, ma invece difendere me stesso e la mia famiglia”.

Si sente un gemello diverso di Hamilton in questo:

“Il razzismo che ha vissuto gioca un ruolo essenziale. Da bambino è stato insultato sulla pista dei go-kart, i genitori bianchi hanno proibito ai loro figli di interagire con lui, il che ha sicuramente lasciato grandi cicatrici anche su di lui. Per lui le corse erano la valvola da mostrare a tutti, e lo è ancora. La nostra esperienza ci ha dato un altissimo livello di resilienza. Ciò significa che siamo nella nostra zona di comfort quando le cose si fanno difficili, è lì che lavoriamo. Se vieni da una Siberia emotiva, funziona“.

Per Wolff la psicologia è un sostegno, ma è anche la chiave del successo:

“A poco a poco sono diventato più sensibile alle persone. Cosa guida le persone? Cosa vuole ottenere la persona che siede con me a tavola? Cosa è importante per lui? Di cosa ha paura? Prima mi sono posto queste domande e poi sono stato in grado di trasferirle ad altri. Ho potuto beneficiare enormemente di questo nella vita lavorativa”.

Nessun pilota guidato principalmente dal denaro. Sono tutti animali da competizione, ovviamente vogliono il miglior contratto possibile, ma questo è solo un fattore secondario. Per i piloti che abbiamo avuto o abbiamo, il successo sportivo è il fattore più importante. Alcuni sono relativamente frugali, altri come Lewis sono sempre guidati dalla voglia di successo. Non è mai abbastanza, deve andare avanti all’infinito”.

 

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