Sul CorSera. Non può essere solo una questione economica o tecnica. La Juve è cambiata come psicologia di azienda, ora insegue gli altri, non ha più prepotenza
Sul Corriere della Sera Mario Sconcerti analizza la questione del rinnovo di Dybala con la Juventus. Non è possibile che dipenda tutto da una valutazione economica e neppure tecnica, scrive.
“Perché allora siamo in questa strana guerra che l’Avvocato avrebbe risolto con un mazzo di rose alla compagna di Dybala?”.
“Non può essere una questione di soldi, la Juve spenderebbe molto di più per sostituire Dybala. E non può essere una questione tecnica. Se il giocatore è sano, e deve esserlo visto che gioca, è un titolare in quasi tutte le squadre d’Europa. Allora, qual è il vero problema? È che siamo davanti a un confronto asimmetrico. La società ha tante bocche, può parlare ogni volta che lo ritiene opportuno. Dybala deve per contratto tacere. Sappiamo quindi solo i bisogni della Juve, non quelli di Dybala”.
Sconcerti si sofferma sulla dirigenza juventina.
“Arrivabene è un grande professionista, porterà alla Juve un vantaggio di serietà e competenza nel suo ramo, ma prima di entrare a gamba tesa nel nuovo mondo deve conoscerlo e stare attento alle lusinghe della comunicazione. Lui e Nedved hanno fatto diventare emotivo, quindi poco gestibile, un problema che era solo economico. E hanno fatto diventare universale un problema che era strettamente privato. Non si discute in pubblico lo stipendio di nessuno”.
Per capire bene la questione, scrive, non bisogna partire da Dybala, ma dalla Juve.
“Bisogna partire dalla Juve, è lì che sono avvenuti i cambiamenti. Non nella posizione o nelle cifre, quelle sono meno importanti. La Juve è cambiata come uomini, come psicologia di azienda. È come fosse spaventata, ma non è chiaro da cosa. È come non avesse più nostalgia del futuro”.
“C’è insomma da qualche parte nella complessità della Juve un problema profondo che l’essere Juve non permette di coprire quanto servirebbe. Dybala non c’entra niente, è una conseguenza. Non arriva a toccare la Grande Macchina della Juve, la impolvera. Il nodo è nel peso che avvolge la società, l’assenza di idee, questa nuova disposizione di un’azienda padrona ad inseguire gli altri, a non avere più prepotenza. È come un leone che aspetta ferito una preda: ma ferito da chi? Da cosa?”.